Da piccolo arrivavo al convento di Nicosia in bicicletta, dopo aver scorrazzato per la campagna pisana, affascinato dal luogo ma anche intimorito perché mi avevano raccontato che nel convento, insieme ad un pittore, viveva una leonessa. Non so se la storia fosse vera, ma è certo che l’idea che una leonessa si aggirasse nel chiostro rendeva attraente e misterioso quel luogo.
Non era il solo racconto che conoscevo legato a Calci e ai suoi conventi. Mia madre, che viveva in una casa sotto l’argone dell’Arno, a Mezzana, mi raccontava anche dei certosini, del loro apparire misterioso con le loro vesti bianche e i loro cappucci sull’argine dell’Arno, la sera. Le visite alla loro erboristeria. Tutto contribuiva a rendere la Certosa un luogo che doveva appartenere ad un altro mondo.
Oggi la Certosa è una meta turistica e il convento di Nicosia non solo è stato abbandonato dalla leonessa ma è anche pericolante. Eppure le sue finestre buie, quasi spettrali, continuano ad esercitare il loro fascino. E certo nessuno si aspetta di trovare all’interno quello che ho scoperto per caso inseguendo il fascino misterioso dell’esterno fin oltre il cancello di ingresso.
Calci recentemente è il luogo in cui nelle sere d’estate passeggio di notte con un amico e il suo cane anche per dimenticare almeno per un po’ il dolore del vedere i corpi di chi mi è stato sempre vicino decadere rapidamente nella casa che momentaneamente abbandono con un vago sapore di tradimento.
massimocec 15 febbraio 2012
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