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Nella lingua, si sa, in questi ultimi anni di “privatizzazioni”, era quasi scomparsa l’espressione “patrimonio pubblico”. Così, quando un complesso architettonico medievale, dopo quasi due secoli di proprietà privata e da molto tempo in stato di abbandono passa al pubblico con una prospettiva di recupero e ristrutturazione, è giusto festeggiare. Questo storico giro di proprietà, in un paese normale sarebbe la via maestra, mentre da anni si assiste all’esatto opposto: la vendita del patrimonio pubblico. La mia sensazione è che si parla di memoria, ma in Italia si stia recidendo un filo che ci collega al passato di molti antichi edifici pubblici e di antiche chiese in abbandono.
Festeggia il nostro Sindaco Sergio Di Maio. La Rocca di San Paolino a Ripafratta è diventata “del Comune di San Giuliano Terme, quindi patrimonio pubblico”, l’atto che sancisce il definitivo passaggio di proprietà del monumento al patrimonio del Comune di San Giuliano Terme è stato firmato lunedì 1 febbraio, dice il Sindaco e un’intervista aggiunge: “Questo risultato è una vittoria della comunità.” E poi prospetta un “futuro progetto di recupero della fortificazione con l’obiettivo finale di renderla centrale nell’offerta turistica e culturale del nostro territorio, con inevitabili ricadute positive anche sulla frazione di Ripafratta”. Percorso che il Comune vuole portare avanti con l’Università di Pisa, l’Associazione Salviamo la Rocca, in stretto rapporto con la cittadinanza di Ripafratta.
La prima cosa da fare ora è fare della Rocca una priorità, trovare i fondi statali ed europei, stendere il progetto, cominciare il restauro e portarlo a termine nel più breve tempo possibile, altrimenti il degrado avanza e il rischio è quello di perderla per sempre. Il Sindaco Di Maio questo l’ha chiaro. Per quel poco che vale quello che scrivo, starei attento a pronunciare la parola “valorizzazione”, così ambigua da contenere anche il suo contrario. Valorizzazione, nel significato stabilito dall’articolo 6 del Codice dei Beni Culturali, significa “promuovere la conoscenza del patrimonio culturale” aperto a tutti, ma purtroppo nella realtà spesso questo termine ha preso il significato di riaprire in varie forme ai privati.
Anche l’Associazione Salviamo la Rocca festeggia insieme ai cittadini di Ripafratta:
“Si mette dunque una firma in calce a un percorso che l’amministrazione comunale ha portato avanti nel tempo grazie al contributo decisivo di cittadini, associazioni, consiglieri comunali e altri enti che nel corso del tempo hanno abbracciato la causa. Come la Regione Toscana, che ha cofinanziato l’acquisto insieme al Comune: rispettivamente 100 mila e 30 mila euro.”
Sul sito dell’associazione si legge un comunicato in cui si annuncia:
“Proprio per celebrare questo grande risultato, ‘Salviamo la Rocca’ ha prontamente organizzato una giornata straordinaria di visite alla rocca di San Paolino per domenica 7 febbraio, con visite guidate.
Sul sito di questa associazione c’è una ricostruzione storica della Rocca di Ripafratta, nota anche come Castello San Paolino (patrono di Lucca). L’ho letta come uno scolaro diligente o un pensionato curioso di fare un tuffo nel passato.
Andando all’indietro nel tempo forse, prima della Rocca, sul colle Vergario c’era una torre longobarda. La rocca fu costruita dai nobili Da Ripafratta con l’intenzione di estendere il proprio dominio sulla zona, in particolare su un piccolo villaggio dipendente dalla pieve lucchese di Montuolo, Ripa, in posizione strategica per la riscossione dei pedaggi. Per questo i lucchesi, nel 1104 e 1105, mossero guerra ai Da Ripafratta, e conquistarono la Rocca. Ma i Da Ripafratta chiesero aiuto ai pisani che attaccarono Lucca, e recuperarono Ripafratta, che passò sotto l’influenza pisana.
Nel 1109 i Da Ripafratta donarono parte del castello all’Arcivescovo di Pisa. La Repubblica di Pisa, in conflitto con Lucca, costruì una serie di torri di avvistamento sul lungomonte sangiulianese e fortificò la Rocca che, tra i secoli XII e XIII, fu ingrandita e rafforzata con mura a protezione del borgo attorno al castello.
Nel corso del XIII secolo la Rocca rimase al centro dei conflitti tra Pisa e Lucca, per poi passare sotto il dominio fiorentino.
All’inizio del XVI secolo la Rocca subì importanti modifiche: le torri medievali furono portate all’altezza delle mura, che furono rinforzate con la “scarpa”, la porta sul versante lucchese fu protetta da “rivellini”.
La situazione politica cambiò e la Rocca perse la sua importanza strategica di “sentinella” del confine tra Lucca e Pisa. Già nel 1607 risultava abbandonata.
Nel 1628 passò, tramite livello per “uso d’orto”, a Orazio Angelini. Nel 1678 il livello passò al fattore della tenuta granducale di Collesalvetti, che dopo pochi mesi la cedette ai Roncioni, che poi ne rilevarono la proprietà nel 1845.
Nel corso dei secoli le condizioni della Rocca sono andate deteriorandosi. Fino al secondo dopoguerra del ‘900 la Rocca è stata utilizzata come orto coltivato, smessa questa attività la Rocca si è ricoperta di vegetazione. Ha riconquistato il suo fascino nel contrasto tra bellezza recuperata e stato di decadenza a seguito degli scavi archeologici degli anni ’80 del Novecento, che hanno riportato alla luce le strutture sottostanti. Finiti gli scavi, la Rocca è tornata e ricoprirsi di vegetazione.
Insomma, dopo quasi due secoli di proprietà della famiglia Roncioni, la Rocca di Ripafratta ora è sotto la tutela dell’amministrazione pubblica. C’è da augurarsi che questo bene di interesse storico e architettonico diventi al più presto uno straordinario centro culturale attrattivo per il territorio e bene comune per i cittadini e per le scuole, cuore del nostro stare insieme. Ma prima di tutto che siano trovati in fretta i soldi per la ristrutturazione e le idee per un progetto di “valorizzazione” che dia verità e sostanza all’articolo 9 della Costituzione. Scrive il poeta Franco Marcoaldi: “chi non sa apprezzare un albero / non può apprezzare un quadro / Perché comune a entrambi / è la profonda vastità delle radici”. La nostra vita affonda le sue radici nella nostra storia. Perfino a me prende la voglia di fare festa in un momento in cui c’è poco da festeggiare. Anche se propriamente non sono poeta, sapere che la Rocca è diventata un bene nostro mi intenerisce il cuore, provo un senso di felicità e così sento più forte di voler molto bene a San Giuliano che ci ha fatto questo bel regalo.
odellac febbraio 2021
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