Il Caffè dei Maledetti Fotografi Spazio LABottega, Pietrasanta
Interviste dal vivo di Enrico Ratto
Mario Giacomelli
E la macchina fotografica ? Tu non hai una macchina come noi tutti, Kodak o Nikon o Leica.
Io non so cosa hanno gli altri. Io ho una macchina che ho fatto fabbricare, una cosa tutta legata con lo scotch, che perde i pezzi. Io non sono un amante di queste cose. Ho questa da quando ho iniziato, sempre la stessa. Con lei ho vissuto le cose, belle o brutte, con lei ho diviso tanti attimi della mia vita. Mi rattrista solo l’idea di staccarmi da lei.
Ma questa macchina da dove viene ?
L’ho fatta fare io. Ho smontato un’altra macchina di un amico mio, togliendo tutte le cose inutili. Per me l’importante è che ci sia la distanza e… cosa c’è d’altro? Io non so came funzionano queste cose. L’importante è che non passi la luce. È una cassa senza niente.
E che film ci metti ?
Quello che trovo.
Ma un film 35 millimetri ?
Non mi chiedere i millimetri. I film grandi, non quelli piccoli. Non il piccolo formato. Mai avuto.
Centoventi ?
Non mi dire mai i numeri! Io so solo una cosa: il sei per nove e ridotto a sei per otto e mezzo.
Cioè fai dodici foto con un rullino ?
Non ricordo. Mi sembra che ne faccia dieci, non dodici. Dieci immagini. Per me questo è importante. Una volta ho vinto un apparecchio di piccolo formato, in un concorso, ma non sono riuscito a fotagrafare, era troppo veloce, non c’era più la partecipazione come con la mia macchina, non avevo il tempo di pensare, scattavo quasi inutilmente. E perdevo la gioia più bella, che è questo aspettare, questo preparare l’immagine, girare, cambiare il rullino. Invece questa è giusta per me, per il mio carattere.
E che velocità ha questa macchina ? Un trentesimo? Un centesimo ?
Non ricordo. So che non arriva oltre il duecentesimo. Per fare i paesaggi dall’aereo, me ne faccio prestare un’altra, da un amico, ci sarebbe da vergognarsi, però non me ne frega niente. Per me va bene lo stesso, perché io, se potessi, fotograferei senza macchina, non ho questo grosso amore per la meccanica.
E il diaframma che apertura ha?
Secondo le volte. A Scanno, per esempio, le ho fatte quasi tutte a un venticinquesimo. In inverno faccio due e ventidue.
Diaframma ventidue e mezzo secondo.
So che c’è un due e un ventidue. È la chiusura dell’obiettivo, questo l’ho imparato a memoria.
Dunque chiudi completamente l’obiettivo.
Tutto chiuso, sempre uguale. Perché sono paesaggi. Invece quando faccio le figure no. Tengo l’obiettivo aperto perché c’è poca luce.
E i vecchi nell’ospizio?
I vecchi nell’ospizio è un altro discorso, adopero un lampo. Volutamente. Perché alla cattiveria di chi ha creato il mondo, di chi ci fa invecchiare, a questa cattiveria aggiungo anche la mia cattiveria. Non tanto per mostrare la materia della pelle, ma per aggiungere qualche cosa di ancora più forte, un contrasto. Il lampo modifica la realtà, la fa più mia.
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