Una bellissima giornata dopo aver attraversato l’Appennino innevato, preparata guardando vecchie fotografie di Venezia su libri di grandi fotografi racimolati dovunque, spesa alla ricerca di istanti che possano aspirare alla dilatazione della loro durata grazie al click della macchina fotografica. Istanti che però si nascondono, non si fanno trovare, si rinnegano.
Li cerchi nei vicoli ricolmi di panni stesi, nelle piazzette, negli sguardi della gente, nei loro passi frettolosi, nelle loro chiacchiere mattutine sulla porta di casa, istanti che non riesci a vedere o che non riesci a catturare perché appaiono e rapidamente scompaiono, o perché ti frena la timidezza o la paura di entrare in una sfera che non ti appartiene. Ti apposti vicino ad un piccolo ponte, segui un canale, ti avventuri in un buio cortile, in uno stretto vicolo. Niente. La luce della giornata che al mattino sembrava eccezionale non aiuta, separa la scena nettamente in zone troppo buie e in zone troppo luminose.
Non rimane che fotografare ciò che si offre senza ritrosia, in un modo che fa pensare a qualche forma di prostituzione che vede gli ingenui turisti come clienti. Maschere, gondole, riflessi, qualche gabbiano, strumenti musicali del passato che hanno preso il posto del sacerdote in una vecchia chiesa sconsacrata.
Alla fine della giornata guardi nel carniere. Forse qualcosa c’è, qualcosa che ti era sfuggito allo sguardo mentre puntavi il mirino. Poche cose rispetto alla grande quantità di foto scattate, immagini scontate, superflue utili solo per ricordare un tua emozione, uno sguardo ma nessun istante degno di aspirare all’infinito. Ma è poi questo infinito istante che stai veramente cercando? Già la presenza di questo stereotipato ossimoro dovrebbe metterti in guardia. Forse stai cercando qualcos’altro, tracce, spie, indizi di una realtà che sfugge, che si nasconde, di oggetti talmente complessi che possono essere colti di essi soltanto sparsi frammenti che lasciano tracce di luce riflessa. Non si può chiedere di più ad una macchina che può solo catturare il visibile. Tutto il resto deve essere lasciato al lavoro inesauribile di raccordo, di immaginazione, di interpretazione e di ricerca di coerenza tra tutto ciò e le tracce che incontriamo di un essere inesauribile e indifferente ai nostri tentativi di imprigionarlo.
massimocec 2013