La filanda di Forno

 

GALLERIA


Crediti

Il video qui presentato è solo la parte iniziale. Manca la parte relativa alla conferenza, comunque visibile a seguente link sul sito www.battilibro.it  Per la scrittura dei testi del video sono stati utilizzati:

  • Massimo Michelucci, Note storiche sulla filanda di Forno. La storia di un opificio agli inizi del capitalismo italiano, 2 ediz., Massa, Società Editrice Apuana, 2012.
  • Angela Maria Fruzzetti, Le donne della memoria. La memoria delle donne. Racconti, testimonianze e narrazioni delle filatrici del Cotonificio Ligure di Forno, Massa, Ceccotti Editore, 2011 (con DVD).
  • Michela Guidarelli, La filanda di Forno. Genesi, sviluppo e declino di un progetto industriale, Massa, Società Editrice Apuana, 2013.
  • Angela Maria Fruzzetti e Massimo Michelucci, La casa socialista di Forno. La Storia La Memoria, Massa, Ceccotti Editore, 2012.
  • Ruggero Fruzzetti, Alberto Grossi, Massimo Michelucci, Forno, 13 giugno 1944 : la storia di un eccidio, Massa, Ceccotti Editore, 1994.

Sono inoltre stati utilizzati i testi:

  • Cristiana Torti, Il progetto per il recupero, la tutela e la valorizzazione della Filanda di Forno,
  • Angelo Nesti, Forno e l’industria cotoniera italiana tra la fine del XIX Secolo e la Seconda Guerra Mondiale,
  • Massimo Michelucci, Antonio Ernesto Lombardo La storia di un imprenditore cattolico,
  • Renato Covino, Il patrimonio industriale come risorsa: il cotonificio di Forno

contenuti in: La filanda di Forno. Verso il museo di archeologia industriale, atti del convegno Massa, Palazzo Ducale, 25 febbraio 2011, Massa, Società Editrice Apuana, 2013.

Le voci delle filandiere di Forno che si sentono in sottofondo nella presentazione sono alcune di quelle contenute nel DVD del testo di Angela Maria Fruzzetti, Le donne della memoria. La memoria delle donne.

  • Le fotografie della filanda e di Forno sono tratte dai testi sopra citati o scattate da Massimo Ceccanti nella giornata della conferenza della dott.ssa Morellato.
  • Le fotografie dall’alto della filanda sono tratte dal video di Marco Balloni sulla filanda di Forno pubblicato su Youtube raggiungibile grazie al seguente link
  • Le fotografie delle bambine al lavoro nella filanda sono di Lewis Hine, fotografo ufficiale del National Child Labor Committee, una organizzazione creata per combattere il lavoro minorile nell’industria pesante. Le fotografie sono state scattate in una filanda del North Carolina nel 1908. Hine con le sue fotografie ha documentato il lavoro minorile per porre sotto gli occhi dell’opinione pubblica le condizioni in cui veniva svolto. Le sue fotografie hanno avuto un ruolo importante nella battaglia legislativa contro il lavoro minorile.
  • Le altre fotografie di donne in filanda sono state prese da vari siti internet

Musiche

Sono state utilizzate le seguenti musiche tratte da video presenti su Youtube

  • Il canto popolare anonimo A la mattina bonora è cantato da Nanni Svampa link.
  • Il canto popolare E le la va in filanda (lavorar, lavorar, lavorar) è cantato da I Rustici nell’album Canti popolari italiani, vol 3 ” Oh bella ciao ” link.
  • Il canto popolare Mamma mia mi son stufa, canto popolare adattato da A. Mazza per coro di voci miste, è cantato dalla Corale Polifonica Ars Nova di Carpenedolo (BS) nel 1994 link.
  • Il canto popolare Mi sun chi in filanda è cantato da Sandra e le mondine album Italian Folk Music Lombardia Vol. 7 link.
  • Il canto popolare Povre Filandere è tratto dal repertorio di Polenta Violenta, Canzoniere Popolare di Canto Sociale. È una versione per voce femminile. Canta Elisabetta Bozzi; 2° voce maschile, ocarina e arrangiamento: Fiorenzo Gualandris link.

Testi contenuti nella presentazione della filanda video

  1. Forno è una frazione del comune di Massa che si trova a 212 m. di altitudine nella valle del fiume Frigido. Ha poco meno di 800 abitanti. Dista circa 7 Km dalla città di Massa cui è collegata attraverso la via Bassa Tambura.
  2. La Filanda è uno storico cotonificio costruito a Forno dal Cotonificio Italiano di Genova poi divenuto Cotonificio Ligure verso la fine Ottocento. Iniziò la produzione nel 1891.
  3. La filanda era costituita da un complesso a gradini situato sulla sponda rocciosa del fiume Frigido. È ben inserita nella zona montuosa in cui è sorta. Lo stabilimento era formato da tre grandi blocchi: un blocco anteriore a tre piani visibile appena giunti dalla strada che ospitava anche gli uffici, un blocco centrale a quattro piani (di cui due seminterrati) dove erano grandi stanzoni e dove avvenivano le lavorazioni del cotone e un blocco posteriore un po’ sopraelevato per seguire la pendenza del terreno sede di magazzini.
  4. Il principale motivo per cui fu deciso di costruire il cotonificio a Forno è la presenza dell’acqua che costituiva la principale forza motrice per le macchine che servivano per la produzione dei filati. L’acqua alimentava un motore idraulico cui si aggiungevano 3 caldaie a vapore. L’energia prodotta metteva in moto un albero motore che attraverso un sistema di cinghie e ingranaggi faceva funzionare circa 20.000 fusi. L’acqua poi defluiva tramite una galleria nel fiume Frigido all’altezza dell’abitato di Forno. L’arrivo della filanda inoltre comportò il miglioramento delle vie di comunicazione con Massa. Fu infatti costruita una ferrovia per il trasporto delle merci che univa la stazione ferroviaria di Massa a Forno.
  5. L’altro fattore determinante per la filanda fu la disponibilità di manodopera a basso costo, costituita soprattutto da donne e da giovani sotto i 15 anni. Nel 1893 la filanda occupava 798 operai di cui 544 donne e ben 215 sotto i 15 anni. Nella zona di Massa e in particolare nelle zone pedemontane di Forno, oltre all’attività agricolo pastorale e a quella dell’estrazione del marmo, era diffusa, prima dell’arrivo della filanda, la produzione di tessuti di canapa. La tipologia di lavoro era quella del lavoro a domicilio a carattere stagionale (periodo invernale). La povertà era diffusa. Il lavoro in filanda non richiedeva particolari abilità né forza fisica, per questo era possibile utilizzare come forza lavoro donne e minori. La manodopera locale però era insufficiente e arrivarono quindi molti lavoratori da fuori. La popolazione di forno in poco tempo raddoppiò. Il lavoro nella filanda era duro. I turni erano pesanti, dalle 12 alle 14 ore, senza protezioni sociali per la malattia, la maternità, la vecchiaia. Il lavoro era mal retribuito. Continui erano i controlli con la possibilità continua di essere multate anche per mancanze trascurabili. Spesso per aiutarsi a sopportare queste dure condizioni le filandrine cantavano in coro come ricordano anche quelle di Forno: “A’ s cantev d più la sera, ala fin del lavoro…”.
  6. La filanda di Forno non era però un’eccezione. L’industria tessile in Italia subì nei decenni finali Ottocento, soprattutto in Piemonte, Lombardia e Liguria, un profondo mutamento: furono introdotti opifici e massiccia fu la meccanizzazione dei processi lavorativi; il cotone prese il posto di altre fibre come la lana o la seta diventando la materia prima più importante. La manodopera subì un processo di proletarizzazione che fu caratterizzato dall’introduzione di condizioni di lavoro pesanti e dalla diffusione del lavoro femminile e minorile. Come conseguenza di tale situazione in Italia si diffusero soprattutto nei centri più industrializzati il movimento socialista e il sindacato.
  7. La zona apuana, e quindi anche l’area di Forno, era una zona in cui si era sviluppato un importante movimento socialista, soprattutto sostenuto dai cavatori e dai lizzatori. La sezione del Partito Socialista a Forno nacque nel 1904 e fu un modello di “socialismo delle leghe” più ancorato al riformismo di stampo solidaristico e più lontano dal massimalismo. Il Partito Socialista riuscì in pochi anni a estendere il suo consenso tra i lavoratori locali tanto che nel 1912 i socialisti riuscirono ad inaugurare sulla riva sinistra del Frigido una loro Casa del popolo (la Casa Socialista di Forno) che era anche una cooperativa di produzione, di lavoro e di consumo. Il forte movimento socialista fornese non riuscì però mai a penetrare stabilmente tra i lavoratori della filanda sia perché era più difficile coinvolgere nelle lotte le donne, sia perché buona parte di quei lavoratori veniva da fuori e infine anche perché la politica del Cotonificio ligure, ispirata dalla posizione sociale della Chiesa che vide nella Rerum Novarum la sua massima espressione, trovò consenso o, in assenza del consenso, perché riuscì a incutere timore di ritorsioni soprattutto tra le donne che lavoravano nella filanda.
  8. Alla guida della filanda c’era Ernesto Lombardo, un imprenditore cattolico amico di Giuseppe Toniolo e seguace dell’impostazione pontificia relativa alla questione sociale elaborata dalla Rerum Novarum. Lombardo introdusse accanto alla manifattura numerosi elementi che da un lato ridussero l’impatto più aggressivo del rapporto di lavoro capitalistico nei confronti dei lavoratori ma dall’altro comportarono l’introduzione nella fabbrica di una forma di paternalismo che impedì l’acquisizione di una reale autonomia dei lavoratori e soprattutto delle lavoratrici. Lombardo creò intorno allo stabilimento una sorta di isola protetta che aiutò molti lavoratori ad affrontare problemi quotidiani quali quello della casa, del vitto, della tutela dei figli durante gli orari di lavoro, forme essenziali di tutela in caso di malattia ma impose di regole di comportamento fuori e dentro la fabbrica di impronta moralistica, obbligò i dipendenti a non aderire a organizzazioni politiche e sindacali socialiste, sfruttò finché poté il lavoro minorile e le differenze salariali tra uomini e donne.
  9. Seguendo l’impostazione paternalistico-sociale di Lombardo, intorno all’opificio furono costruiti altri edifici per accogliere i lavoratori e le loro famiglie. Oltre alla fabbrica furono edificati un convitto per l’alloggio delle giovani operaie che venivano da fuori con un centinaio di posti letto e un palazzo per gli assistenti con circa dieci appartamenti. In seguito, fu costruito, più vicino al paese, anche il Palazzo Operai con una tipologia edilizia a ballatoio che fu prima adibito a dormitorio e poi fu trasformato in appartamenti. Dal punto di vista sociale l’apertura della filanda costituì un profondo mutamento in seguito all’arrivo a Forno di lavoratori provenienti da altre zone. Ciò provocò da un lato una sorta di contrapposizione tra fornesi e i nuovi venuti, dall’altro però contribuì a smuovere la mentalità dei residenti e ad aprirla a nuovi modi di vedere e di pensare.
  10. Nel convitto gestito da suore funzionavano un asilo, una mensa, una lavanderia. C’era anche una cooperativa dove si potevano comprare alimenti, legna, carbone. C’era anche una piccola cappella. I socialisti di Forno cercarono di costruire un’alternativa alle iniziative del Cotonificio. Costituirono una loro cooperativa che aveva sede nella Casa Socialista e cercarono anche di penetrare tra gli operai e le operaie, di organizzare qualcosa di simile ad una lega ma i loro tentavi ebbero esito negativo. Tra i dipendenti del Cotonificio si era affermato una sorta di attaccamento alla filanda giustificato anche dal fatto che in effetti chi lavorava nella filanda era per certi aspetti un privilegiato rispetto alle condizioni di vita e di lavoro di chi ne era escluso. Le donne che lavoravano in filanda avevano un loro orgoglio per il loro essere delle filandrine legato alla conquista di un loro ruolo all’interno sia della famiglia che della comunità grazie allo stipendio che consentiva loro di aiutare la famiglia e di rendersi anche in parte autonome.
  11. Forno, come altri luoghi della Versilia e dell’area apuana, è stato luogo di un eccidio durante la Seconda Guerra mondiale. L’eccidio di Forno è accaduto il 13 giugno 1944 perpetrato da nazisti e fascisti. La strage fu una rappresaglia a seguito dell’occupazione del paese e la proclamazione da parte dei partigiani guidati da Marcello Garosi il 9 giugno 1944 della “Repubblica libera di Forno”. I partigiani occuparono la caserma dei carabinieri e i locali della filanda. L’arrivo dei partigiani fu vissuto come una liberazione. Bandiere tricolori furono esposte alle finestre delle case di Forno. Ben presto fu evidente però che l’impresa dei partigiani era destinata a rimanere un atto isolato perché non sarebbero arrivati gli alleati, come invece sembrava dovesse accadere sulla base di notizie male interpretate. Il 13 giugno, all’alba, nazisti e fascisti arrivarono a Forno in forze. Ci fu uno scontro a fuoco con i partigiani che si erano arroccati nella filanda. Morirono 9 partigiani compreso il loro comandante, Garosi. I partigiani dovettero ritirarsi sulle montagne e i nazifascisti dettero il via ad un rastrellamento casa per casa. Furono imprigionati circa 60 uomini sospettati di essere partigiani e a piccoli gruppi furono portati presso la chiesa di Sant’Anna. Qui, furono trucidati dai fascisti. Tra le vittime vi fu anche il comandante dei carabinieri di Forno il maresciallo Ciro Siciliano colpevole di aver cercato di salvare gli abitanti e accusato di aver aiutato i partigiani. Il 30 luglio 1944 i tedeschi dettero fuoco allo stabilimento e fecero saltare le macchine. il fuoco divampò per 8 giorni e lo stabilimento fu distrutto quasi completamente.
  12. Nel 1942 in seguito allo scoppio della guerra cessò di produrre per mancanza di materie prime, dopo aver avuto già serie difficoltà di approvvigionamento in conseguenza della politica autarchica del fascismo. Nel 1944 lo stabilimento fu minato e incendiato dai tedeschi e in gran parte distrutto. Successivamente furono asportati o smantellati i macchinari rimasti. Nel 1950 fino al 1970 fu attivata una centrale per la produzione dell’energia elettrica sfruttando la turbina rimasta. Nel 1983 il Comune di Massa acquistò l’edificio dando inizio al recupero dell’edificio. Nel 2009 il comune di Massa ha elaborato un progetto per il recupero e la valorizzazione della Filanda. Tale progetto prevedeva il recupero degli edifici, la catalogazione dei macchinari e degli strumenti ancora presenti nell’opificio e la costruzione di un centro di documentazione. Nel 2013 la Filanda è stata riaperta e al piano terra dell’edificio è stato realizzato un museo di archeologia industriale in cui sono conservati ed esposti i macchinari e gli utensili utilizzati nel cotonificio.
  13. Il progetto per la valorizzazione della filanda come parte del patrimonio archeologico industriale italiano però non ha avuto successo. Era previsto un centro di documentazione provvisoriamente collocato all’interno della scuola elementare in attesa di essere trasferito nel museo ma di esso si è perso ogni traccia. Il progetto era anche aperto alla localizzazione negli spazi individuati di funzioni economiche quali attività di artigianato, incubatori di imprese, attività di green economy, hi tech, recupero di antiche produzioni e di antichi saperi. L’edificio, comprese le parti ristrutturate, versa però oggi in uno stato di totale abbandono. Il museo è chiuso e si può solo dare un’occhiata dai finestroni che si aprono nel cortile. Ciò che resta dei fabbricati retrostanti la parte ristrutturata sembra coinvolto in una lotta continua con la vegetazione che vuole sommergerli e cancellarli dalla vista. Il convitto è un rudere dall’aspetto angosciate qua e là intaccato dall’iniziativa creativa di qualche aspirante graffitaro. Funziona ancora le centrale idroelettrica e sono abitati da residenti i due edifici residenziali rimasti, il Palazzo operai e il Palazzo degli assistenti.