Fotografie di Alex De Oliveira (la maggior parte) e Massimo Ceccanti
Se si cerca Wikipedia la parola processione si trova la seguente definizione “Una processione è un rito a carattere religioso o profano che prevede per i partecipanti il compimento di un determinato percorso.” È una definizione sterile adatta forse alle processioni cui siamo abituati dalle nostre parti. Nel Sud non è così. La processione è uno spettacolo in cui il limite tra finzione e realtà è sempre in bilico. È uno spettacolo perché esiste una scenografia, ci sono degli attori che recitano parti precise, c’è un pubblico e anche, in alcuni casi, una trama che, come nel melodramma, si ripete continuamente uguale a se stessa. Eppure è anche qualcosa di diverso dal semplice spettacolo perché il limite che separa la finzione dalla realtà è qui molto sottile, attori e spettatori talvolta sono risucchiati all’interno della scena e la vivono come reale. Tutto ciò l’ho vissuto nella settimana di Pasqua a Trani in compagnia di alcuni amici e dell’intraprendente fotografo Alex De Oliveira che ha seguito come un segugio la processione in cerca di dettagli, spunti, immagini.
Tutto è cominciato la sera del Giovedì Santo della Settimana Santa. La città oramai immersa nel buio che copre le luci delle strade semideserte e del porto immobile e silenzioso piano piano comincia ad animarsi. Strani personaggi vestiti di bianco iniziano a circolare per le strade. Sembrano preparativi per un evento imminente, sta per prendere il via la Processione Penitenziale della Madonna Addolorata che partirà alle 3.00 dal sagrato della chiesa di Santa Teresa dove normalmente dimora una Madonna Addolorata vestita di nero con una spada che le trafigge il petto. I cittadini di Trani fin dal primo dopo cena si alternano nella visita alla Madonna attentamente sorvegliata da guardie del corpo, nella sua posizione che domina tutti, circondata da una grande quantità di fiori e candele. Ad un certo punto la porta della chiesa viene chiusa dalle solerti guardie del corpo e la Madonna viene spostata dall’altare su una specie di baldacchino pronta a iniziare la sua peregrinazione per le strade della città che durerà fino al mattino seguente. Chi si occupa del trasferimento della Madonna dall’altare al Baldacchino lo fa con estrema cura come quando si deve spostare un infermo dal letto alla barella. Tutti i gesti sono accurati, tutto viene fatto nel più profondo silenzio. Intorno alle tre termina tutta la fase preparatoria e la Madonna esce trasportata sul baldacchino nelle strade di Trani. La campane suonano sette volte. La folla ha oramai riempito le strade. Circondano la Madonna quegli strani uomini vestiti di bianco e incappucciati che fin dalla sera circolavano per le strade della cittadina. Accanto a loro ci sono altri uomini con vestiti da cerimonia, giacca nera, camicia bianca, cravatta, qualcuno ha anche i guanti neri, che si danno il cambio sotto il baldacchino. Infine ci sono due cordoni di donne vestite di nero e gli immancabili carabinieri in alta uniforme. Chi trasporta la Madonna cammina scalzo. Chiude il corteo con musiche funebri la banda cittadina che dà al tutto il sapore di un funerale di altri tempi. Chi partecipa alla processione non lo fa con lo spirito dell’attore che sa di recitare una parte, ma sembra che viva in prima persona qualcosa che riguarda la sua vita, che stia vivendo un suo momento di dolore. Fare foto sembra quasi inopportuno. Ogni tanto qualcuno arriva persino a piangere.
I cittadini di Trani raccontano orgogliosi la trama della tragedia che si sta ripetendo anno dopo anno e che consiste nella ricerca da parte della Madonna durante tutta la notte del figlio morto bussando di chiesa in chiesa.
Intorno alle 10:00 del mattino successivo, dopo aver camminato per ore, la Madonna con il suo corteo, ritorna davanti alla chiesa di Santa Teresa e compie il percorso inverso per ritornare nella sua dimora salutata dalle ultime note della banda e dai militari.
Sono immagini che richiamano alla memoria le parole di Sciascia che accompagnano le foto di Ferdinando Scianna nel libro oramai introvabile “Feste religiose in Sicilia” là dove si dice che le feste religiose hanno poco di religioso tranne quelle della Settimana Santa in cui si rivive “il dolore di una madre per un figlio ammazzato e tradito da un amico”. È la trama di una tragedia eterna e attuale, come dice Scianna. Un dolore che rivive nei penitenti incappucciati che sfilano instancabilmente per ore per la città, in un silenzio rotto soltanto dallo strazio della musica funebre suonata della banda. Nelle donne incolonnate come soldati. E tra la folla che non sembra stanca dopo ore di cammino, la Madonna Addolorata che oscilla al dondolio dei portatori catalizzatrice di tutte le emozioni che circolano da una persona all’altra. Il tutto immerso nell’atmosfera strana di un mattino che nasconde le ore di veglia trascorse dai protagonisti camminando per le strade, dopo aver visto finire la notte e arrivare l’alba. Un mattino come gli altri con i negozi aperti, i lavoratori intenti ai lori mestieri e lì per la strada questa interruzione nei confronti del quotidiano, questo spazio – tempo incuneato nella normalità senza nessuna pretesa di entrare in collisione con essa, ma nello stesso tempo interrompendola, rendendola provvisoria e non dominante come invece è sua abitudine.
Solo i preti sembrano degli estranei, fuori luogo, spodestati dal centro della scena, ridotti a comparse in seguito al ruolo di protagonisti assunto dalla dimensione corale della processione.
massimocec aprile 2018
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