Potere

Il potere reale è il micro potere, non il prodotto della pura forza. Il potere della coercizione è destinato ad esaurirsi in breve tempo. Il micro potere è duraturo ed è basato sul consenso di una molteplicità di individui, dall’infinita varietà di comportamenti che hanno punti di contatto e di analogia. Il potere è in noi e non fuori di noi. La vera rivoluzione non è l’atto violento che rovescia la realtà, ma un processo lungo che cambia la struttura, la mentalità, i comportamenti degli individui che convivono in una determinata società.
Il micro potere è il prodotto di una massa di comportamenti statisticamente rilevanti che si materializzano in istituzioni, in uomini, in idee, in “cultura” e che, in un certo senso, si è estranea dalla sua base, divenendo qualcosa di autonomo che può stare in piedi apparentemente anche da solo. Da qui i conflitti di, quando le strutture generate da quel potere perdono i legami con la sua base d’origine e l’autonomia del potere diventa incapacità di star dietro ai mutamenti della vita, della realtà.
Perché abbiamo paura della menzogna e delle contraddizioni? Basta pensare ad una società dove tutti mentono e dove non si presta attenzione alle contraddizioni e subito si capisce perché la menzogna è un disvalore. Nello stesso tempo però credere in qualcosa ha una sua autonomia. Non occorre che Dio esista se tutti credono nella sua esistenza e si comportano come se esistesse.

1980

POSTILLA NOVEMBRE 2021
Fai attenzione però al fatto che si può essere convinti dell’esistenza di Dio indipendentemente dal fatto che esistano solo collocandolo in uno spazio o in una dimensione in cui non è possibile accedere con i nostri strumenti conoscitivi. Che cosa accade però se parliamo di qualcosa che riguarda l’essere, ciò che è, ciò che esiste nella realtà materiale esperibile, che ci tocca materialmente, che incide sulle nostre vite. Veramente basta che tutti credano in un’idea perché l’essere diventi ciò che quell’idea descrive? Forse stiamo giocando giochi diversi quando parliamo di Dio e quando parliamo dell’essere. Kant qui ha molto da insegnare. Vi è una tensione insopprimibile tra ciò che crediamo e ciò che è, e questa tensione è diventata tremenda nel nostro tempo a causa del dilagare della comunicazione incontrollata. Forse nei tempi passati questa tensione riguardava soltanto minoranze, i più vivevano la loro esistenza nel mondo della tradizione e delle credenze. Oggi la tensione tra le nostre idee e l’essere è dilagata perché abbiamo sempre più bisogno di conoscenze per organizzare la nostra vita e nello stesso tempo abbiamo aperto gli argini tutte le idee, anche a quelle più strampalate.

La cultura è un potere, ma è un potere fondato sugli individui, non ha una sua autonomia. Qui sta la sua forza e la sua debolezza. La sua forza perché è una forma di micro potere, la sua debolezza perché l’individuo non costituisce una base certa, solida. L’individuo è molteplice, volubile, manipolabile. Se l’individuo viene lasciato solo o si crede al centro di tutto, una sorta di novello Robinson, allora la forza si tramuta in debolezza.
Infine considera che anche il potere della coercizione ha un suo ruolo, e non è un ruolo secondario.


Se dovessi definirmi

Non amo le autodefinizioni, ma se dovessi definirmi mi definirei come un erede della tradizione culturale liberale e democratica, come un cultore dell’individualismo borghese corretto dalle pressanti e concrete richieste di giustizia, di equità, di presenza di chances per tutti proposte dal socialismo. Un liberale, un democratico, un individualista che non trova risposta alle sue domande nella cultura liberale del passato, che sente in crisi i sui valori, ma che non vede nel socialismo e nel marxismo un’alternativa valida, ma solo uno stimolo pressante e soprattutto non vede alternative concrete.

Per una definizione completa però dovrei anche mostrare il rovescio di quella sopra indicata, dovrei definirmi un socialista punzonato dalle idee e dai valori del liberalismo e della democrazia. Se dovessi incarnare tutto ciò in un’immagine avrei bisogno non di una tela e di un pennello o di un una macchina fotografica che producono una sorta di spazio sicuro a due dimensioni, ma di uno spazio composto da decine di specchi riflettenti in cui l’oggetto sparisce e in cui riemergono solo i margini, immagini di immagini, l’una diversa dall’altra ma ciascuna legata all’altra in una sorta di caleidoscopio in continuo mantenimento.