“ L’infinito istante”
Fotografia come rivelazione
Tra tutte le forme di espressione artistica la fotografia è l’unica che abbia a suo fondamento una stretta relazione con la realtà, una realtà che si presenta frammentata, costituita da insiemi eterogenei di istanti che vengono riprodotti e duplicati grazie al loro trasferimento su un supporto cartaceo o digitale. Sono istanti salvati dall’azione demolitrice del tempo e, grazie alla macchina fotografica, resi duraturi, infiniti, eterni.
La fotografia però è azione di ritaglio di unità spazio temporali realizzata in modo tale da riuscire non solo a rappresentare, ma anche a trasformare la realtà. Il ritaglio di spazio-tempo fotografato non coincide infatti con la semplice riproduzione della realtà, ma con la realizzazione di un nuovo oggetto reale autonomo che risulta essere il prodotto dell’incontro tra ciò che c’era in un determinato momento davanti all’obbiettivo e le scelte dell’operatore fotografo. Essa è, quindi, una mediazione data proprio da quell’aggiungere e togliere rispetto alla nostra possibile esperienza sulla cosa osservata.
L’istante catturato dalla fotografia fornisce essenzialmente un’informazione di carattere visivo proveniente da un tempo passato trasformata in oggetto materiale, fisico che trasporta l’istante nel presente e lo conserva per il futuro. Essa è un mezzo per prelevare istanti che, proprio perché trasformati in soggetti fotografici, non sono più istanti qualsiasi, bensì momenti significativi ed unici grazie ai quali l’oggetto fotografato si rivela pienamente, diventa soggetto e aspira alla perfezione assoluta quando forma e significato raggiungono il massimo della fascinazione. La fotografia in tal modo trasfigura la realtà e democratizza la bellezza.
Gli autori degli scatti presentati in questo volume e nella mostra hanno interpretato il tema loro proposto, l’infinito istante, come ricerca sulla natura della fotografia nella sua estensione più ampia, come esplorazione delle sue diverse dimensioni, da quella descrittiva a quella narrativa a quella evocativa, tutte presentate come potenziali strumenti di trasfigurazione dell’istante congelato dall’atto fotografico, potenzialità che si realizza perché la fotografia trattiene della realtà non solo ciò che si vede, ma anche ciò che, pur non apparendo, viene suggerito, accennato, richiamato, fatto intuire. E tale capacità evocativa è alla base della capacità della fotografia di diventare racconto, narrazione. Molte delle fotografie qui presentate sono narrazioni, racconti realizzati attraverso lo sguardo del fotografo, la sua capacità di vedere e far vedere oltre i limiti dello spazio racchiuso nel mirino.
Ben lo sanno gli autori di queste fotografie che, proprio grazie alle diversità messe in luce dalle loro interpretazioni del tema proposto, sono riusciti a esplorare ambiti stilistici che vanno dal realismo alle soglie di un’ottica surrealista. Essi hanno dimostrato di saper vedere, ed è un merito grandissimo perché colui che guarda non necessariamente vede. Vedere come loro hanno fatto significa trascendere i confini fisici della vista per giungere, attraverso un percorso estetico, ad una precisa consapevolezza delle infinite potenziali prospettive attraverso cui ogni istante della realtà può essere percepito.
Utilizzando un codice visivo per loro nuovo hanno contribuito a modificare ed ampliare la nozione comune su ciò che vale la pena di guardare.
Massimo Ceccanti massimocec marzo 2013
Le fotografie sono state realizzate dai partecipanti agli incontri di “Educazione all’Immagine Fotografica” condotti da Roberto Evangelisti.