Un ricordo di Lucia Franchini

Ci sono notizie cui stenti a credere. Così è quando arriva la notizia di una morte inaspettata. È successo con la morte di un amico come Sandro Marianelli una mattina di un primo dell’anno e così è successo con la mia compagna di liceo e non solo Lucia Franchini. Per Sandro una brevissima telefonata del mio amico Ovidio nelle prime ore del mattino, per Lucia un breve messaggio sul cellulare di un vecchio compagno di liceo “Purtroppo devo darvi una tremenda notizia. Stanotte è morta Lucia. Mi ha telefonato adesso suo fratello”. Il cervello stenta ad accettare la verità di notizie del genere e quando inizi a concretizzarla le parole spariscono perché un blocco emotivo ne occupa ogni spazio impedendo anche il flusso dei pensieri. Piano piano però poi inizi a recuperare la padronanza dei tuoi pensieri e inizi a prendere qualche iniziativa, fino a quando non trovi la forza di andare a salutare ciò che rimane della persona, il suo corpo inanimato, pur sentendola ancora viva. È quello che è successo a me con Lucia; ma quando sono arrivato davanti al suo corpo immobile, con un viso pallido, sdraiato nella bara è definitivamente scomparsa l’illusione di sentirla e vederla in qualche modo ancora viva, ho visto solo il suo quel corpo immobile nella bara e sono scoppiato in lacrime, cosa che non mi accadeva da molto tempo.

Lucia è stata una di quelle persone che hanno avuto un ruolo importante nella mia vita. Compagna di classe al liceo, sincera e autentica nel profondo del suo animo, sempre pronta a schierarsi e a difendere le sue idee, senza timore per le conseguenze che potevano derivarne, l’ho sempre ammirata. È diventata per me importante però dopo il liceo, perché quando è iniziata la mia esperienza universitaria mi sono trovato perso, immerso in uno stato d’animo che rasentava lo sconforto. Mi mancava tutto, mi mancavano l’incontro quotidiano con i compagni, la loro presenza fisica, i rituali tipici delle mattinate scolastiche, la possibilità di vederci il pomeriggio. È cominciato una sorta di percorso di studio solitario che solo grazie all’amicizia con Lucia e al fatto che entrambi abbiamo scelto di fare filosofia si è trasformato, dopo un inizio incerto, in un percorso positivo e ricco di occasioni formative sia dal punto di vista culturale che personale. Lucia è stata importantissima per me. Abbiamo preparato insieme una grande quantità di esami e tra lo studio della filosofia del diritto di Hegel e quello dell’epistemologia di Popper trovavamo il tempo di discutere di politica, delle nostre esperienze sentimentali, della società che ci circondava e che volevamo diversa. Quelle discussioni, quegli incontri e anche i suoi rimproveri, le sue critiche sono stati materiali per la mia crescita e per il superamento dei blocchi adolescenziali. Avevo sempre più bisogno di ascoltarla, di vederla, di stare con lei. La presenza di Lucia ad un certo punto era diventata talmente importante per me che per sopportare il peso della sua assenza nelle condizioni in cui dovevo viverla ho dovuto allontanarmi fisicamente da lei. 

Quando l’ho rivista dopo tanti anni a San Rossore, lo scorso settembre, in un incontro tra vecchi compagni di scuola, ho scoperto che avevo tante cose da dirle e tante cose che avrei voluto ascoltare da lei. Purtroppo però quando ci si trova durante queste riunioni non è possibile farlo. Speravo di poterla incontrare ancora insieme al mio amico Claudio. Non ho fatto in tempo e spesso la notte, quando stento ad addormentarmi, la rivedo sdraiata, immobile, silenziosa come l’ho vista l’ultima volta. La sua scomparsa ha lasciato in me non solo un vuoto profondo, ma anche la sensazione dolorosa della presenza di un discorso che è rimasto sospeso e che non può concludersi. Non riesco a dimenticarla e quel discorso incompiuto, che non può essere portato avanti, mi fa sentire il peso e le condanne che ci riserva l’età. 

massimocec agosto 2022