Crespi cattura in questo quadro un brandello di realtà, forse uno squarcio della Bologna settecentesca, un’immagine della vita quotidiana che oggi potrebbe essere oggetto della fotografia di strada.
La scena si svolge nel cortile di una casolare di campagna, sembra una casa malridotta, malsana. Una donna sulla sinistra, impegnata a lavare panni, se la prende con l’uomo sulla destra che sta urinando al muro, sembra che voglia lanciargli contro l’oggetto che ha in mano. Un gatto bianco si affaccia dalla finestrella poco sopra la testa dell’uomo allungando la zampa (è infastidito, vuol giocare?). Un’altra donna sotto il porticato guarda la scena. Una scena banale che viene trasformata in qualcosa d’altro dal modo in cui viene rappresentata. C’é indugio sui particolari che dà vita alle cose, dà loro dignità. Lo sguardo crea le cose non nel senso in cui l’idealismo vede il rapporto tra pensiero e realtà ma nel senso che ciò che conta è il modo in cui l’oggetto viene guardato . Nel “De visione Dei” Nicola Cusano afferma a proposito di Dio e dell’uomo “io sono perché tu mi guardi”. Lo sguardo è un gesto d’amore che dà vita all’oggetto guardato. Montanari nel suo testo L’ora d’arte dice del quadro di Crespi “è una poesia che accarezza la povera materia di cui sono fatti i nostri giorni. E ne svela la bellezza semplice”. La bellezza non è una proprietà dell’oggetto ma dello sguardo che scopre l’oggetto e lo trasforma in soggetto. Il quotidiano in sé è un dato e può essere terribile o affascinante. Purtroppo spesso non siamo noi a scegliere lo sguardo con cui il quotidiano ci appare, ma noi possiamo cercare di non perdere le occasioni, fortunate contingenze, che ci consentono di gettare sulle cose sguardi luminosi in grado di svelare la bellezza del mondo e della vita. La pittura, la fotografia, la filosofia, la letteratura sono strumenti per creare queste fortunate contingenze.
massimocec ottobre 2021