La bellezza del quotidiano

Giuseppe Maria Crespi: Scena di cortile. 1715 circa

Crespi cattura in questo quadro un brandello di realtà, forse uno squarcio della Bologna settecentesca, un’immagine della vita quotidiana che oggi potrebbe essere oggetto della fotografia di strada.

La scena si svolge nel cortile di una casolare di campagna, sembra una casa malridotta, malsana. Una donna sulla sinistra, impegnata a lavare panni, se la prende con l’uomo sulla destra che sta urinando al muro, sembra che voglia lanciargli contro l’oggetto che ha in mano. Un gatto bianco si affaccia dalla finestrella poco sopra la testa dell’uomo allungando la zampa (è infastidito, vuol giocare?). Un’altra donna sotto il porticato guarda la scena. Una scena banale che viene trasformata in qualcosa d’altro dal modo in cui viene rappresentata. C’é indugio sui particolari che dà vita alle cose, dà loro dignità. Lo sguardo crea le cose non nel senso in cui l’idealismo vede il rapporto tra pensiero e realtà ma nel senso che ciò che conta è il modo in cui l’oggetto viene guardato . Nel “De visione Dei” Nicola Cusano afferma a proposito di Dio e dell’uomo “io sono perché tu mi guardi”. Lo sguardo è un gesto d’amore che dà vita all’oggetto guardato. Montanari nel suo testo L’ora d’arte dice del quadro di Crespi  “è una poesia che accarezza la povera materia di cui sono fatti i nostri giorni. E ne svela la bellezza semplice”. La bellezza non è una proprietà dell’oggetto ma dello sguardo che scopre l’oggetto e lo trasforma in soggetto. Il quotidiano in sé è un dato e può essere terribile o affascinante. Purtroppo spesso non siamo noi a scegliere lo sguardo con cui il quotidiano ci appare, ma noi possiamo cercare di non perdere le occasioni, fortunate contingenze, che ci consentono di gettare sulle cose sguardi luminosi in grado di svelare la bellezza del mondo e della vita. La pittura, la fotografia, la filosofia, la letteratura sono strumenti per creare queste fortunate contingenze.

massimocec ottobre 2021


Fotografare e dipingere oggetti insignificanti

Perché dobbiamo interessarci degli oggetti insignificanti, delle situazioni di vita quotidiana, perché dibbiamo dipingerli, fotografarli. La pittura ad esempio fino al Seicento è stata una pittura prevalentemente finalizzata all’esaltazione del sacro, dell’epico, del potere. Dal Seicento ha iniziato a fasi strada una pittura attenta al quotidiano, agli oggetti della vita quotidiana. E’ la sfida tecnica che spinge questi pittori a interessarsi del quotidiano, la sfida della rassomiglianza, dell’immagine che sfida l’occhio dell’osservatore a distinguere l’immagine dalla realtà? Se fosse questa la spinta la fotografia sarebbe l’esito felice del percorso intrapreso dai pittori oltre quattro secoli fa. Ma allora avrebbe ragiona Pascal nei Pensieri a dire “”Quanta vanità nella pittura che suscita ammirazione per la rassomiglianza con cose di cui non ammiriamo affatto gli originali.”. Che cosa altro può esserci? Non è forse il tentativo di elevare il quotidiano ad un livello più alto, estetico ed etico, un altro modo di gettare uno sguardo sulla vita?

massimocec ottobre 2020


È una bella fotografia, somiglia ad un quadro

“È una bella fotografia, somiglia ad un quadro” è una frase comune che però rivela una concezione diffusa, quella della gerarchia delle immagini. Esiste un livello più basso, quello della produzione meccanica l’immagine, è un livello alto, quello della produzione manuale, fotografie più belle sono quelle che si avvicinano alla pittura e quindi all’arte.

Pittura e fotografia non sono gerarchicamente separate: sono due modalità diverse di costruire immagini, una legata in modo indissolubile soggetto che ne è la fonte, l’altra potenzialmente libera da questo vincolo. Una volta prodotta però anche la fotografia è una realtà immateriale visibile attraverso elementi materiali, una traccia di luce trasformata in punti luminosi o in segni d’inchiostro che acquista un senso per chi l’ha prodotta e per chi la guarda. Nella loro eterogeneità rimane una sorta di analogia che in ogni caso non può essere oggetto di una stratificazione gerarchica. Non è quindi possibile né distinguerle come indice e come immagine nè collocarle sullo stesso piano all’interno di una scala di valore.


Lamp

lamp

Quando ho visto questa foto sono rimasto stupito.

Lamp è l’inconscio visivo che emerge dai ricordi nascosti della mente, dall’immagine introiettata di un dipinto?

Lamp è la foto di una ragazzina che oramai si avvicina a non esserlo più che sta esplorando i confini della sua immaginazione?

Lamp è la foto di una abitudine al guardare e al vedere?

Lamp è la foto corale di un rapporto tra genitori e figlia, difficile, ma che mostra il tessuto di cui è fatto?

Lamp è il prodotto di un amore, amore per l’arte, amore per i figli?

Lamp è il prodotto della creatività personale di quella ragazza che in poco tempo è divantata adulta quasi senza che me ne rendessi conto?

Qualunque cosa sia, grazie Laura.

 

Massimocec gennaio 2013