Massimo Vitali Un’idea stra-vagante di fotografia

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Massimo Vitali. Marina di Massa, Torre Fiat

Dire che le foto di Vitali sono foto di paesaggio è piuttosto azzardato. Nelle foto di Vitali forse sono gli uomini a contare più del luogo, dell’ambiente. L’ambiente sembra fare da contorno. Ma gli uomini contano come massa e diventano parte del paesaggio, anzi diventano l’elemento principale del paesaggio. Scatta foto di spiagge, discoteche, piazze caratterizzate dalla presenza di consistenti gruppi di persone. Gli esseri umani sono piccoli, schiacciati dal contesto e nello stesso tempo definiti con estrema precisione. Ogni punto della foto è a fuoco anche se l’orizzonte occupa grandi spazi. Gli scatti di Vitali sono scatti nitidi ottenuti senza nessun ritocco perché non sono fotografie digitali.

“Uso delle macchine con lastre di grande formato. Con il digitale questa precisione è impossibile”.

“Il mio modo di fotografare è comunque distante… cerco di vedere la gente con più rispetto, senza il machismo fotografico che dà la “licenza di uccidere” ai fotografi”

“Il mio approccio fotografico è rigoroso. La fotografia è fatta di parole ma è imprescindibile dalla tecnica. Il dato tecnico prende quindi uno spazio importante nel mio lavoro. Questo perché ogni apparecchio nella sua specificità è capace di creare immagini differenti. La mia scelta di utilizzare un banco ottico è dovuta alla volontà di ottenere il maggior grado di dettaglio, in modo che l’osservatore delle fotografie possa essere proiettato in un’interpretazione libera dell’immagine. Lavorare con questo dispositivo impone una gestualità particolare ed rende più inclini ad una maniera riflessiva di produrre le immagini. Credo che questa relazione con il dispositivo influenzi la mia fotografia. Pur essendo passato da poco all’utilizzo del digitale non considero questa innovazione tecnologica come elemento capace di rivoluzionare il mio modo di lavorare. Quando io faccio una foto, per me è fatta in quel momento, non vedo la ragione di continuare a sprecare del materiale, sparando fotografie. In una giornata posso produrre circa dieci fotografie.”

Secondo quando dice Vitali, per esempio per fotografare i litorali Vitali studia il posto per mesi. Dopo questa fase, in un giorno decide di montare una impalcatura sulla quale la macchina fotografica è sospesa a più di cinque metri d’altezza e da lì scatta la sua fotografia.

“Prima di tutto ricerco dei luoghi che soddisfano i miei interessi: dei luoghi affollati e dove il paesaggio mi comunica qualcosa. La mia ricerca sul paesaggio in questi anni è cambiata drasticamente, i sistemi di visualizzazione satellitare su internet hanno sovvertito il mio modo di conoscere i luoghi. Soprattutto perché per me è importante avere una conoscenza imparziale prima di averli visitati. Non voglio essere influenzato dalle interpretazioni fotografiche di altri autori. In questo le viste proposte dai sistemi di visualizzazione su internet sono alquanto obiettive, proponendo un modo neutro di rappresentazione. Inoltre cerco di documentarmi ricercando dei video che riesco a leggere come più vicini a quello che mi attende nella realtà.
In questo modo costruisco un concetto di fotografia che è gia in mente prima che io la realizzi. Quando arrivo sulla spiaggia, ho già un’idea chiara di quello che voglio fare.
Il giorno della ripresa, salvo imprevisti, cerco di arrivare sulla spiaggia la mattina presto. La fase del posizionamento della piattaforma è abbastanza importante. Sono abbastanza testardo una volta che scelgo il posto, alle volte perdo delle belle foto per il puntiglio di non spostarmi mai, perché la considero una sconfitta. Una volta posizionato il dispositivo (piattaforma più macchina) in quel momento io faccio già parte del luogo, inoltre la piattaforma alta cinque metri contribuisce ad isolarmi dal contesto facendo in modo che le persone non mi considerino come un elemento di disturbo.”

In un altro intervento però Vitali afferma:

“Le mie immagini nascono come oggetti. … Le mie foto sono in-eventuali. Le mie foto non hanno eventi, o meglio hanno dei piccolissimi eventi che le caratterizzano.

…la mia ambizione, in realtà, è quella di dare una documentazione che duri nel tempo; è che, fra cinquanta o cento anni, la gente possa usare queste foto per vedere come eravamo oggi, più che se vedesse altri tipi di foto che vengono fatti oggi. Cerco, per così dire, di storicizzare la spiaggia, la discoteca… Faccio un esempio di due scatti a Marina di Pietrasanta. Uno del ‘96 e uno recente. Stesso posto, stesso giorno di inizio agosto. Io osservo le cose minime. I tatuaggi, gli asciugamani, i costumi, i gruppi, le famiglie. Beh, è un altro pianeta.

Il contenuto è poco interessante. E’ vero, potrebbe essere la parte migliore, ma in effetti io vedo che il contenuto si va sempre più assottigliando. La cosa importante è il modo in cui è fatta la foto. La foto segue una specie di rituale, prevede l’utilizzo di certe cose, come questo cavalletto su una piattaforma a cinque metri e mezzo, per avere sempre la visione dall’alto. C’è poi la messa in opera del cavalletto, la scelta di un certo tipo di macchina. A monte della fotografia c’è già tutto un progetto, come anche a valle: c’è il progetto, che prende le immagini e le fa diventare oggetto. A monte della fotografia c’è un certo tipo d’immagine fotografica, una certa posizione, la ricerca di un certo tipo di luogo, per cui alla fine la fotografia – l’immagine in sé stessa – ha un’importanza limitatissima. Anche perché, secondo me, nella fotografia contemporanea – che è stata investita dall’arte contemporanea – ha sempre meno importanza lo scatto, cioè come e quando avviene, mentre sono invece importanti tutte le cose a monte e a valle. …

La fotografia non ha in sé più niente da dire?

No. E’ perché la fotografia fa parte dell’arte contemporanea. Non può più stare a guardare la carta baritata in b/n. Ma non solo: la fotografia, secondo me, meno dura e meglio è… alla faccia del collezionismo. Va venduta, poi si deve rovinare!

…Quei poveracci del Rinascimento hanno fatto delle robe che sono ancora lì, si son bruciati il mercato, e non solo: l’hanno bruciato per generazioni a venire. La fotografia deve essere una cosa…

Effimera, sì; che si autoconsuma. I collezionisti ti chiedono: – Ma dura? E quanto dura? – (perché loro vogliono che duri 500 anni). Ma chi se ne frega! Non lo so, e non m’interessa, perché finché ci sono io, te la rifaccio, poi…”

Ho provato a mettere insieme le idee di Vitali sulla fotografia ma devo dire di non esserci riuscito. Non riesco a conciliare la sua idea di foto documento con quella di foto oggetto. Ciò che considero stravagante è l’idea di fotografia come oggetto che è indifferente rispetto al suo contenuto.

Massimocec 2015


Una fotografia di Massimo Ceccanti

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Caro Massimo,
questa tua fotografia mi fa venire un po’ di nostalgia. Ero ragazzo e salivo su un ciliegio. Era buio e rubavo le ciliegie. Ero con i miei amici e le mie amiche molinesi vicino all’Ozzeri e forse c’eri anche tu. So che la nostalgia del tempo perduto è un sentimento da cui dobbiamo guardarci, ma quel vecchio albero di ciliegio con la chioma fiorita della primavera mi fa provare un dolce dolore di qualcosa che ho perduto. Un albero grande, vecchio e malato rimette le foglioline verdi e sbocciano i fiori candidi davanti a un muro grigio scrostato su cui si intravede un simbolo antico e sbiadito. Una bellezza quasi sfacciata che contrasta con il muro crepato e lo sguardo ferito da un luogo abbandonato. Mi fa tornare a vent’anni dopo averne vissuti tanti. È qualcosa che i portoghesi indicano con saudade e Tabucchi chiama nostalgia del futuro. E questo è un paradosso, perché del futuro si è curiosi e non nostalgici.

Per esempio, vorrei dirti che si può avere nostalgia del bel momento che abbiamo perso mentre scattavi la fotografia, eravamo insieme a Nicosia ti ricordi? Era una dolce primavera di qualche anno fa. Ecco però che ci prende un po’ di nostalgia nel momento in cui guardiamo la fotografia, qui ed ora, con quel ramo fiorito che si affaccia sull’inferriata arrugginita della finestra. Allora si vedono delle sfumature di luce rosate sul muro che prima appariva soltanto grigio. A questo punto pensiamo che è stata scattata al tramonto, il momento privilegiato dei nostalgici. E quando togliamo lo sguardo dalla fotografia e torniamo alle nostre faccende quotidiane ci può tornare in mente il momento in cui ci siamo fermati a guardare una fotografia di un albero fiorito che contrasta con un panorama desolante. E avere nostalgia del momento che stiamo vivendo. Stiamo provando di persona una seppur lieve e passeggera nostalgia del futuro.

Odellac


Antonio Tabucchi sulle Piagge

_MG_6588 (2)Non lasciatevi sfuggire “Donne, Cavalieri, Incanti e Follia. Viaggio attraverso le immagini dell’Orlando furioso”, la mostra sulle principali raffigurazioni dell’Orlando furioso. È stata inaugurata sabato 16 dicembre e resterà aperta fino al 15 febbraio 2013 al Centro Espositivo SMS. San Michele degli Scalzi si trova lungo il Viale delle Piagge a Pisa, nel quartiere occupato un tempo dalla Richard Ginori.

L’ingresso è gratuito ed eccoci di fronte a un grande murale di Ozmo, alias Gionata Gesi, giovane street artist pisano di fama internazionale. Ozmo ha mosso i suoi primi pennelli negli anni Novanta al Liceo Scientifico “Buonarroti” di Pisa con una serie di murales ora cancellati e ha creato opere monumentali in centri sociali e spazi alternativi tra cui il Leoncavallo di Milano.

Quando sarete lì davanti a questa opera muraria di Ozmo vi colpirà il volto di qualcuno. Il qualcuno è Antonio Tabucchi, un moschettiere senza spada, leggero e severo. Volto beffardo e baffuto, occhialini alla Pessoa, sguardo un po’ di traverso che rimanda alla Gioconda. Indossa una semplice camicia bianca. È bello vedere un uomo molto bello con una camicia bianca sbottonata al collo che ti accoglie in questo centro culturale, in silenzio e con un sorrisetto ironico, forse un po’ feroce o forse una smorfia, una piega della bocca per la sorpresa di trovarsi lì.

Odellac dicembre 2012


Lamp

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Quando ho visto questa foto sono rimasto stupito.

Lamp è l’inconscio visivo che emerge dai ricordi nascosti della mente, dall’immagine introiettata di un dipinto?

Lamp è la foto di una ragazzina che oramai si avvicina a non esserlo più che sta esplorando i confini della sua immaginazione?

Lamp è la foto di una abitudine al guardare e al vedere?

Lamp è la foto corale di un rapporto tra genitori e figlia, difficile, ma che mostra il tessuto di cui è fatto?

Lamp è il prodotto di un amore, amore per l’arte, amore per i figli?

Lamp è il prodotto della creatività personale di quella ragazza che in poco tempo è divantata adulta quasi senza che me ne rendessi conto?

Qualunque cosa sia, grazie Laura.

 

Massimocec gennaio 2013


Contrasti

mioIl 4 gennaio siamo stati a Marina di Vecchiano per un pic nic. Il mare era fermo e senza vento, ogni tanto sbucava un raggio di sole. C’era una buona luce per fotografare e c’era anche molta calma. Sono rimasto affascinato da una scena che  ho visto sulla spiaggia. Laura aveva la mia macchina fotografica e le ho detto di prendere quell’immagine. Lei ha scattato al volo, senza farsene accorgere.
Ora che la pubblico questa scena mi colpisce. Due figure sulla spiaggia: una donna elegante e distaccata con guanti, borsa, cappello inusuale, pelliccetta al collo e alle maniche del cappotto; l’uomo, forse il suo compagno, anche lui ben vestito, raccoglie legna. L’obiettivo ha mirato alla contrapposizione tra queste due figure e il contesto fatto di legna portata dalla mareggiata ammassata sulla spiaggia, il mare e il cielo che quasi si confondono sullo sfondo. Una situazione inconsueta, due realtà contrapposte, senza alcun legame tra loro, che si stanno incontrando in quel momento. È una foto di un istante fuggevole, ma è anche una foto emblematica.

odellac Foto Laura Della Croce


Venezia

E la vedi quella donna nera in ginocchio, tutta piegata con la mano tesa? Ti chiederai se è in Ponte di Mezzo o al Ponte dell’Accademia, in Piazza Duomo o al Colosseo. Ti sei accorta che c’è una donna nera in ogni città. Sta in centro, per ore, con la mano tesa. In centro c’è una donna nera. C’è una donna nera in centro. Non disturba i passanti. Sta lì ferma, in ginocchio, per ore con la mano tesa. È sola. C’è un gran silenzio intorno. Un uomo si avvicina alla donna nera. Ciao donna nera, io ho perso il lavoro. La donna nera non si muove. Intorno a lei riprende il solito tran tran. Poi un altro si avvicina alla donna nera e le fa: Io ho 58 anni e mi sono dato fuoco, prima di darmi fuoco ho scritto una lettera in cui ho chiesto perdono a tutti.

odellac marzo 2012


Il mare

Domenica 29 gennaio 2012, mattina
Un padre e una ragazza a Milano.
Un padre e sua figlia all’aereoporto Malpensa di Milano.
Volo Milano-Dubay-Sydney.
E poi Wollombi.
La figlia si imbarca.
Sale sull’aereo.
L’aereo decolla.
Il padre: sì, sì, sì, no!
Dunque, è partita.

 

 

Chiedo scusa per aver raccontato a mio modo un fatto personale. Partita è dedicato a Laura. La foto della bambina col palloncino è di Bansky,un anonimo artista di strada. La pubblico perché è appesa in camera di mia figlia che, da bambina, la domenica sera, tornava da una festa con un palloncino in mano e lo metteva in camera. Il palloncino volava fino al soffitto, ma poi l’aria usciva piano piano e il palloncino dopo qualche giorno diventava floscio. Così scrisse questi primi versi:

“Il tempo passa più bello è.
Il tempo passa e i palloncini si sgonfiano”.

Antonio Tabucchi si divertì molto quando gli recitai questa poesiola e scrisse a Laura una dedica (che mi sembrò bella e ora bellissima) sulla prima pagina del suo libro “Il tempo invecchia in fretta” (“Il cerchio” è il primo di nove brevi, densi racconti dove il tempo è il soggetto esplicito).

“A Laura, che ragiona sui palloncini come me.
Con mille auguri e un saluto affettuoso
Antonio Tabucchi
13.10.2009”
Il tempo, come l’orizzonte, è circolare, pensa la protagonista del “Cerchio”. Buon viaggio Laura

Tu sei lontana lontana, in un’isola che è tutta un parco naturale e fai un salto di gioia davanti all’oceano. Sei bella dico. A te che sei la vita. Noi siamo qui. Da una settimana è scattata l’ora legale. Lo vedi come sono allungate le giornate? Noi siamo qui nella pancia della balena, stasera io e mamma andiamo al Cinema Teatro Olimpia a vedere “Pinocchio Reality Show” a cura dell’Attiesse di Vecchiano. Vecchiano Vecchiano… Lo so che sei dispiaciuta… Sai che i suoi libri sono tutti finiti alla Feltrinelli? Un suo caro amico vecchianese, Massimo, mi ha mandato questo prezioso ricordo: “Una volta la sua mamma, mi disse: era uno scrittore anche da bambino, perché in un pensierino che la maestra aveva dato sugli animali della fattoria, aveva scritto che c’era un maialino che era una pallina rosa con una codina attorcigliata come un punto interrogativo. La maestra premiò con un bel voto quel bambino che aveva una capacità istintiva di usare le parole per creare una realtà più reale di quello che si vede”.

odellac marzo 2012