In un brevissimo e bellissimo racconto che si intitola Messaggio dalla penombra Antonio Tabucchi pare che scriva da un dopo, da quell’impronunciabile dopo. L’io narrante si rivolge a una donna che ha amato e ama ancora.
«La notte, in queste latitudini, cala all’improvviso, con un crepuscolo effimero che dura un soffio, e poi è buio. Io devo vivere soltanto in questo breve spazio di tempo, e per il resto non esisto. O meglio, ci sono, ma è come se non ci fossi, perché sono altrove, anche lì, dove ti ho lasciata, e poi dappertutto, in tutti i luoghi della terra, sui mari, nel vento che gonfia le vele dei velieri, nei viaggiatori che attraversano le pianure, nelle piazze delle città, con i loro mercanti e le loro voci e il flusso anonimo della folla. È difficile dire come è fatta la mia penombra, e che cosa significa. È come un sogno che sai di sognare, e in questo consiste la sua verità: nell’essere reale al di fuori del reale. La sua morfologia è quella dell’iride, o meglio delle gradualità labili che già non sono più mentre sono, come il tempo della nostra vita» (Antonio Tabucchi, Messaggio dalla penombra, da I volatili del beato Angelico, 1987).
Non so se sbaglio, ma penso che Tabucchi parli del fluire del tempo, per parlare del cambiamento. Dice Tabucchi: “già non sono più mentre sono”, questo è il senso del cambiamento. Tutti quanti siamo ciò che eravamo prima, però siamo già anche un po’ ciò che stiamo per diventare.
Perfino un incubo terribile come quello della pandemia prima o poi finirà. Ora siamo più forti, siamo vaccinati contro il virus e questo apre lo spazio alla speranza e al cambiamento. Se pensiamo al tempo di questa pandemia, a come abbiamo vissuto lo scorrere del tempo in questi due anni di pandemia, se ritorniamo alla nostra vita di due anni fa, nel settembre 2019, penso che ciascuno di noi senta che non sono passati due anni, sembra che ne siano passati di più, magari cinque o sei o ancora di più. Sembra un’epoca lontana, c’è stata una tragedia, un’epidemia terribile che ha scardinato le nostre esistenze in un prima della pandemia e in un dopo la pandemia. “Il tempo è uscito dai cardini”, non ci appare più come qualcosa che scorre in modo regolare, tranquillo, scandito da cose che si ripetono più o meno normalmente, periodicamente: il lavoro, le vacanze, la fine dell’estate, il ritorno a scuola (anche in Afghanistan, ma non le donne). È diventato tutto più complicato. Noi stiamo in questo tempo qui, che sembra che non scorra più come prima, pare sia uscito dai cardini. Sarà anche un tempo difficile, ma è il nostro tempo. Il nostro tempo è quello del cambiamento, prima di tutto nella nostra mente. Dobbiamo essere, come era Tabucchi, meno prevedibili e più aperti all’immaginazione per riuscire a pensare qualcosa di meglio per questo nostro mondo malato, qualcosa di altro da questo mondo ingiusto. La musica, la cultura, lo spettacolo sono vitali come l’aria che respiriamo per questa impresa e, dopo questa stagione terribile, fortunatamente stanno per ripartire.
Ma io non ho le competenze per parlare di questi argomenti. Io scrivo per segnalarvi un evento imperniato su un libro a cui voglio bene. Quando, insieme all’Amministrazione comunale di Vecchiano, abbiamo pensato di ricordare Antonio Tabucchi con uno dei suoi primi libri uscito quarant’anni fa, una delle raccolte di racconti più belle che segna una svolta nella sua ricerca narrativa, Il gioco del rovescio, eravamo agli inizi della seconda ondata del virus; ma, con un certo senso del tempo, l’ultimo spettacolo della maratona di letture lo immaginammo non solo sui canali social come gli altri, ma in piazza, con la speranza di poterlo davvero organizzare nello Spazio Culturale Antonio Tabucchi. Scusate, sarà l’età, lo dico con un filo di commozione: sono felice che sabato 25 settembre alle ore 18:00, nello Spazio Tabucchi di Vecchiano, l’Attiesse-Associazione Teatro e Spettacolo leggerà Il piccolo Gatsby, lo scrittore e amico Athos Bigongiali dirà due parole per introdurre il racconto un po’ difficilino, e la Filarmonica Senofonte Prato curerà le musiche. Staremo comodamente in piedi circondati da un contesto molto bello, staremo alla giusta distanza per proteggerci gli uni con gli altri, saremo rilassati un’oretta per il tempo degli interventi del Sindaco di Vecchiano Massimiliano Angori, dell’Assessore alla Cultura Lorenzo Del Zoppo, del Presidente dell’Associazione Tabucchi Riccardo Greco e della bella lettura accompagnata da musica dal vivo. Mentre il nostro bellissimo pianeta chiamato terra ruota su sé stesso, ascolteremo una storia e delle musiche che non andranno via quando lo spettacolo sarà finito, ma penso che lasceranno un segno, come per dare un piccolo scacco al tempo, e ci accompagneranno ancora nel tempo lineare delle nostre vite, immerse nel tempo ciclico dei giorni che passano scanditi dai movimenti di corpi celesti bellissimi.
Si tratta dell’evento conclusivo della maratona di letture degli otto “testi brevi”, come li chiamava Tabucchi (me l’ha ricordato l’amico Bruno Ferraro) della prima edizione de Il gioco del rovescio a cui hanno partecipato: Giuseppe Cederna che ha letto brani del racconto che dà il titolo alla raccolta Il gioco del rovescio; Daniela Bertini ha letto Dolores Ibarruri versa lacrime amare davanti al bel panorama che si vede dal Santuario di Santa Maria in Castello; Gianluigi Fogacci e Teresa Pedroni hanno curato la lettura di Teatro; Elisabetta Salvatori ha letto la splendida Lettera da Casablanca nel suo teatrino di Vallecchia; Paolo Di Paolo con I pomeriggi del sabato; Iacopo Bertoni ha letto Voci; Donatella Diamanti e Letizia Pardi cureranno la lettura di Paradiso celeste; Stefano Nencini e Federico Meini, dell’Attiesse, Il piccolo Gatsby, con le musiche della Filarmonica Senofonte Prato. Un impegno di tanti realizzato con la collaborazione del Comune di Vecchiano. Grazie e auguri a tutti noi, perché possiamo affrontare nel modo migliore questi nostri tempi un po’ difficilini.
Odellac settembre 2021
dalla Voce del Serchio del 19 settembre 2021