Mentre qui da noi il virus invisibile corre e il tricolore è diventato quello della pandemia (giallo, arancione e rosso), la Nuova Zelanda è presa a modello per la risposta rapida, decisa ed efficace al covid-19 (vedi “L’eccezione della Nuova Zelanda”, Internazionale 23/29 ottobre).
Così ho pensato di sfruttare l’ammirazione di Bruno per Jacinda Ardern, che condivido, per un’intervista asincrona e a molta distanza sulle recenti elezioni in Nuova Zelanda. Mi sono messo nei panni di un insegnante alle prese con le ore asincrone, vale a dire quelle in cui i professori e le professoresse assegnano agli studenti compiti da svolgere non in sincrono, quelle ore in cui i ragazzi sono connessi in contemporanea, quindi da fare quando pare a loro entro un tempo prestabilito. Così, ai primi di novembre e con scadenza fine mese, ho dato a Bruno un compitino asincrono, una serie di domande per capire chi è Jacinda Ardern, una premier che ci mette anima e cuore. Puntuale è arrivato questo articolo che rispecchia le domande che avevo preparato. Ringrazio Bruno che non è un politologo, ma ha accettato la mia proposta per trasmettere ai lettori e alle lettrici della Voce del Serchio la sua ammirazione per Jacinda Ardern.
La mia ammirazione per Jacinda
di Bruno Ferraro
Sulla terza pagina del New Zealand Herald di sabato 7 novembre appare una foto della cerimonia di giuramento del nuovo governo: nella foto il governatore generale della Nuova Zelanda, Her Excellency The Rt Hon Dame Patsy Reddy, e il Primo Ministro, Jacinda Ardern accompagnata dal suo partner. La prima rappresenta la regina: è al comando delle forze armate e ha la facoltà di sciogliere le camere; la seconda è Jacinda Ardern, neoeletta Primo Ministro con una stragrande maggioranza di voti, tanti da permetterle di governare senza nessuna coalizione, tanto meno quella con partiti poco affidabili come era stato necessario nel passato.
Il giorno dopo, tra le lettere all’editore, viena stampata quella di una lettrice che scrive di un’analogia tra la Ardern e un’altra Primo Ministro di alcuni anni fa, Helen Clark, che – durante la guerra del golfo – non permise alle navi americane a propulsione nucleare di attraccare al porto di Auckland, attirandosi, così, non solo l’ira, ma anche l’embargo degli Stati Uniti sui prodotti di esportazione neozalandesi: quei pochi dell’industria primaria, l’unica che permette a questo paese alla fine del mondo (non è una battuta ma una constatazione geografica) di sopravvivere. La stessa lettrice osserva che in tutti questi casi si tratta di donne e che la Nuova Zelanda è stata la prima a dare il voto alle donne nel lontano 1893.
Jacinda Ardern non è una sconosciuta nel mondo politico neozelandese da quando nelle elezioni del 23 settembre 2017 ha trascinato il suo partito alla conquista di 14 seggi aggiuntivi (per un totale di 46 seggi alla Camera) e ha costituito un governo di minoranza. Al momento del suo insediamento come primo ministro, il 26 ottobre 2017, aveva 37 anni e, pertanto, era la più giovane donna a capo di un governo al mondo. Anche la sua vita privata è diventata di dominio pubblico nonostante la ricerca di privacy da parte sua e del suo partner dal quale ha avuto, nel gennaio 2018, una bambina il cui nome Neve Te Aroha testimonia l’amore di Jacinda per il suo paese: Neve è una forma anglicizzata del nome irlandese Niamh, che significa “Luminoso”; Aroha è Maori e sta per “amore”, mentre Te Aroha è una montagna nella catena del Kaimai, vicino a Morrinsville, città natale della Ardern.
Jacinda – come oramai tutti la chiamano – nasce e vive in una piccola città di provincia e presto si interessa di politica da giovane quando, dopo la laurea, inizia a lavorare come ricercatrice nel gabinetto dell’allora primo ministro neozelandese Helen Clark. Nel 2008 fu eletta presidente dell’Unione Internazionale della Gioventà Socialista; da questa esperienza nasce il suo interesse per la disparità sociale e economica in una società multiculturale come è quella neozelandese. Combattere il divario tra ricchi e poveri è stato il suo cavallo di battaglia in tante campagne elettorali e, nondimeno, in quest’ultima che le ha procurato una schiacciante vittoria grazie anche alla gestione dell’epidemia da coronavirus, considerata tra le migliori del mondo. Il governo della Ardern ha istituito una serie di lockdown (ottimo lemma per descrivere il totale isolamento e mancanza di contatto tra le persone) durante i quali i suoi connazionali – spronati dal suo modo pacato e efficiente nei comunicati – hanno osservato le direttive date dai suoi consiglieri e, nonostante le inevitabili trasgressioni da parte di individui totalmente irresponsabili (basti ricordare un caso in cui un uomo che è scappato dall’isolamento e poi si è fatto vari selfies in luoghi pubblici) il controllo igienico ha funzionato. A questo successo si deve anche lo spiccato senso di educazione civile da parte di tutta la popolazione che si era anche dimostrato in altre occasioni: blackout elettrico e scarsità di acqua di alcuni anni fa quando si sono religiosamente osservate tutte le indicazioni per limitare al minimo il consumo dell’energia elettrica e quello idrico.
Ma di crisi di tragiche proporzioni Jacinda ne aveva già avute: l’eccidio delle due moschee a Christchurch nel marzo del 2019 in cui hanno perso la vita 50 musulmani in preghiera e l’eruzione del vulcano su White Island nel dicembre del 2019 che, per causa di criminale disattenzione dei responsabili locali, ha causato varie vittime. Il solenne discorso di Jacinda pronunciato in Parlamento in seguito alla strage di Christchurch e la sua denuncia del terrorismo ma allo stesso tempo il suo invito a ricominciare e trovare soluzioni a un problema di enormi proporzioni, le ha procurato rispetto e ammirazione in tutto il mondo. In questi giorni grande è stata la sua soddisfazione nel corso di un’intervista alla TV quando ha annunciato che del suo gabinetto fa parte un profugo eritreo che, appena arrivato, svolgeva umili mansioni: faceva le pulizie all’università dove si è iscritto e laureato in scienze politiche. Con grande rispetto per il suo lavoro svolto negli ultimi anni all’interno del partito, Jacinda ha nominato Ministro degli Affari Esteri una signora Maori, Nanaia Mahuta, che porta un mezzo moku (tatuaggio indelebile in inchiostro violetto sulla bocca e sul mento). Grant Robertson da ministro delle finanze, incarico che ha svolto in modo ineccepibile alla luce di tutte le difficoltà che si erano presentate durante il primo mandato del governo laburista, è ora promosso a Vice Primo Ministro; indispensabile è il suo apporto alle varie strategie per andare oltre la psicosi di Covid-19 e per rimettere in sesto l’economia.
Alla fine dell’ultimo lockdown i neozelandesi hanno celebrato in modo controllato e consono alle direttive ancora esistenti: mascherina e limitato numero di persone nei luoghi pubblici, osservanza di precauzioni igieniche. Durante il lockdown sono state le piccole imprese a soffrire maggiormente: negozi, bar e ristoranti, piccole industrie, quello che in inglese viene detto small businesses. Per rilanciare queste attività Jacinda, con tono deciso e sicuro, ha annunciato, il 10 novembre, una serie di politiche a sostegno delle piccolo imprese, tra cui 1,5 miliardi di dollari per l’estensione del programma di prestito alle piccolo imprese. Accompagnata dal Ministro delle Finanze e da altri 4 componenti del suo gabinetto, la Ardern ha fatto l’annuncio, non dal suo ufficio parlamentare nella “Beehive” (cioè l’arnia come è chiamato l’edificio del Parlamento per via della sua forma; l’associazione con le api non va ignorata in un paese che si vanta di produrre il miele manuka con le più alte proprietà antibiotiche), ma da un panificio che ha visitato di persona; questa è un’altra indicazione della misura di questa leader che non disdegna affatto l’incontro con i suoi connazionali; anzi, li incoraggia – come nel corso di questa visita – a intervenire con domande e richieste di chiarimenti. Inoltre, la Ardern ha ribadito varie strategie per rilanciare l’economia, per evitare la disoccupazione e per ridare fiducia agli imprenditori: regolamentazione delle commissioni sulle carte di debito e di credito in modo che i rivenditori mantengano una parte maggiore delle loro vendite; incoraggiare la tecnologia digitale nelle aziende; rendere più facile per le piccole imprese interagire con il governo.
L’annuncio della Ardern è stato accolto con grande entusiasmo e ora ci si aspetta di vedere i risultati, quando il Parlamento riprende i lavori dopo la pausa di dicembre. Robertson ha ribadito le priorità annunciate nel Bilancio 2020: supportare i neozelandesi nella transizione verso un’economia resiliente al clima, sostenibile e a basse emissioni; consentire a tutti i neozelandesi di beneficiare delle nuove tecnologie e aumentare la produttività attraverso l’innovazione; aumentare i redditi, le competenze e le opportunità di cittadini Māori e Pacific; ridurre la povertà infantile e migliorare il benessere dei bambini. La fiducia nel governo è assicurata grazie, soprattutto, alla guida sicura della Ardern; nonostante il referendum per la legalizzazione di cannabis sia stato bocciato, ha annunciato che lei aveva votato a favore della legalizzazione. Le difficoltà finanziarie non vengono ignorate quando altre calamità – la recente alluvione sulla costa orientale dell’isola del nord con susseguente necessità di finanziamenti – dissanguerà notevolmente l’erario. I prossimi mesi saranno determinanti per il successo di questo governo nell’attuazione dei programmi.
da: La Voce del Serchio del 22 novembre 2020
Bruno Ferraro
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