Parlando, con qualche divagazione, di Molina mon amour. Gabriele Santoni è il presidente felice per i cinque anni dell’associazione, animata da tanti amici, soci, volontari, persone che hanno organizzato un programma primavera estate ricco, curioso e che può riservare qualche piacevole sorpresa, come quella di farci tornare la voglia di incontrarci. Domenica pomeriggio 5 giugno brindisi in piazza.
Non si dovrebbe fare, ma lo faccio: mescolo questa chiacchierata con i sentimenti e anche con qualche civetteria. Anche se viviamo in due paesi vicini, con Gabriele ci si vede poco. Ma il legame tra noi due c’è sempre stato. Ci siamo conosciuti da ragazzacci, grazie ad amici comuni. Gabriele è figlio unico. Sono molto affezionato a sua madre. Suo padre faceva il barbiere e ci andavo a farmi i capelli. I suoi genitori penso lo abbiano capito e incoraggiato. Cose così. Con Gabriele sono sempre stato bene insieme. Negli anni rivoluzionari mi pareva di essere suo compagno politico maggiore, data l’età pensavo di avere più esperienza di lui. Lui me lo lasciava credere, per amicizia, ma già allora era politicamente molto bravo. Lo chiamavo Gabri. Mi ha sempre colpito la sua intelligenza, anzi le sue intelligenze, quella della testa e quella del cuore e molte altre. Lui ha cominciato con l’Arci ragazzi, poi la lunga esperienza politica e amministrativa, per tornare all’associazionismo.
Abbiamo parlato a lungo, ci sentiamo un po’ per telefono, soprattutto all’inizio, ci siamo scambiati dei messaggi di domande e risposte. Quando poi mi stufo del cellulare prendo la vespa e vado a Molina, per qualche spettacolo, per esempio quando, al Magazzino di Antonio, c’è stata la presentazione di Pisa Noir di Giuseppe Meucci, cronista di lungo corso, che per due ore ci ha letteralmente inchiodato alle sedie con la sua bravura nel ricostruire la catena di “delitti dalla bella Elvira a Roberta Ragusa”. Allora incontro vecchi amici e amiche e, in quel profumo di umanità, Gabriele lo sento accanto a me. Diverso, ma sempre uguale. E la chiacchierata parte proprio su questo punto.
“Per me è sempre stato importante rimanere me stesso. E cioè che si può essere animatori Arci ragazzi, sindaci o lavorare a scuola o addirittura fare i consulenti per un’azienda. Lavorare con ex tossici o in una commissione in parlamento, fare antimafia o inventare un’associazione al tuo paese, come è capitato a me. Basta rimanere gli stessi sempre. Poi, è chiaro, per fare il sindaco a volte serve una cravatta e per fare animazione la carta crespa. Ma se sei sempre te stesso non cambia nulla. Avere gli altri, soprattutto gli ultimi e i penultimi, nel cuore e nella testa come riferimento. Lo stesso vale per gli amici”.
Hai tentato anche qualche prova di scrittura. Dopo alcune uscite fortunate che hanno prodotto l’effetto di rafforzare il senso di comunità tra i molinesi, stai lavorando alla pubblicazione di un libro di filastrocche. Tu sei un leggendario scrittore di filastrocche, ci anticipi qualcosa su questo tuo nuovo volume?
“Leggendario come il famoso rum cubano mi pare eccessivo. Dovrei finire dopo l’estate, sono filastrocche d’amore, d’amicizia e di politica scritte nell’arco di una decina di anni. La rima mi viene normale, quando facevo il sindaco, preso da mille problemi dalla mattina alla sera, mi si era ridotta la creatività, avevo meno spazio per l’immaginazione. Oggi, fortunatamente, sento di aver recuperato. Invece quando facevo l’assessore in provincia ho fatto un blog, che mi è servito per scrivere Molina mon amour, pubblicato nel 2012. Nel decennale stiamo lavorando a farlo diventare uno spettacolo teatrale. Poi la Guida romantica, che è una specie di evoluzione del lavoro precedente. Compongo filastrocche fin da quando ero ragazzo, ora sto scegliendo quali pubblicare tra le decine e decine scritte; per esempio, alla fine di una riunione, anche litigiosa, provavo a fare la sintesi in rima, poi ci sono quelle dedicate a mia figlia, agli amici, tantissime, devo sceglierle, ma è un cimento che mi diverte molto. E poi l’idea che alcune siano illustrate da Beppe Capuano, amico mio storico dell’Arci ragazzi e, lui sì, leggendario insegnante delle medie a San Giuliano Terme e bravo disegnatore, è uno stimolo in più. Per la verità ho in cantiere anche dei racconti sugli ultimi del mondo, sono storie di vite messe male che vorrei provare a scrivere per condividerle con gli altri”.
Quello che mi piace di te è la tua parlantina. E poi il tuo modo di affrontare la vita con allegria, a volte mi chiedo “quale allegria” di fronte ai casini climatici, pandemici e guerreschi. Ma no, forse hai ha ragione tu, fai bene a sorridere, anche quando parli di cose serie, perché così potremo confidare sulle soluzioni. Posso farti una domanda dispettosa e dirti: mentre stiamo vivendo una specie di sisma continuo ti sei rifugiato nella casamatta molinese?
“Non è vero che mi sono rifugiato a Molina. È vero invece che la politica che amavo è morta, e io vado sempre più spesso “a letto presto”. Sarò sincero, mi sento inadeguato. Ho una formazione politica e sociale marcatamente di sinistra, che ha inciso molto sulla mia vita. Vengo da una famiglia semplice e allo stesso tempo solida nei valori morali. Mio nonno Neri, contadino antifascista, diceva con orgoglio di votare “in alto a sinistra”, aggiungendo sempre che il mondo era diviso fra i ricchi e poveri e che noi dovevamo stare con gli ultimi. Ho imparato tutto da lì. A tutto questo sentire non ho mai rinunciato, nemmeno nei momenti delle mediazioni più dure a cui la politica amministrativa attiva mi ha obbligato. Credo ancora nelle idee che si formano nei luoghi concreti, non nei comitati elettorali, e oggi mi sento fuori moda. Adesso, però, voglio farti io una domanda: cosa ti persuade di Molina mon amour?”.
Ho capito, non mi sembra che ti interessi restare sul terreno della politica generale, ti importa parlare dell’associazione. Bene. Ho e voglio avere un atteggiamento romantico e penso che Molina mon amour è, già dal nome, un colpo di fulmine. Non solo per la qualità delle iniziative culturali, sempre molto partecipate, che promuove, ma soprattutto per gli uomini e le donne che la compongono e per la calda umanità con cui organizzano queste iniziative. Tale profonda umanità si percepisce meglio nei momenti come quello di oggi, domenica 5 giugno, giorno di festa a Molina per il patrono San Vittorino, con il “Brindisi in piazza” per i cinque anni dell’associazione (alle 18:30) e con l’inaugurazione della mostra dell’Archivio parrocchiale di don Ilio “alle Pile” (alle 12:30). Ti chiedo: come si forma questa coesione umana, che momento è per Molina mon amour?
“Tutto nasce da un obiettivo comune, che è quello della ricostruzione della Comunità, con la “C” maiuscola, che non si arrocca ma si apre al mondo. C’è bisogno di stare insieme creando momenti culturali solidi e condivisi. Aver costituito l’associazione, aperto una piccola biblioteca, individuato spazi del paese molto belli che si trasformano ora in teatro o in luoghi dove ospitare una mostra. Oppure fare della gastronomia d’eccellenza un supporto culturale alle iniziative, tutto questo è importante. E poi il progetto, a cui guardano con attenzione e simpatia diversi amici intellettuali. Piccoli passi insieme per essere coesi. Per esempio, gran parte del ricavato nostro va in beneficenza, senza sbandierarlo troppo. E sai perché queste cose si fanno sottovoce? Perché qui c’è la cultura che certi gesti si fanno normalmente e che il volontariato è parte della nostra vita. Essere contro corrente al bisogno di monetizzare tutto il tempo che abbiamo a disposizione è una battaglia obbligatoria. Anche Molina mon amour ha risentito della pandemia, sul piano dell’azione, ma questa stagione estiva e i risultati delle prime iniziative ci stanno dando segnali soddisfacenti. Ci siamo e ci saremo. Dopo cinque anni mi sento legato a questo gruppo di persone in maniera indissolubile al punto che ho rinunciato a fare altre cose che mi erano state proposte. Non tutti veniamo dalle stesse esperienze, come ti ho detto, ma questa è la nostra forza. Lo statuto dell’associazione, senza troppe tiritere, è fatto di due-tre articoli, il più importante dei quali dice che Molina mon amour si rifa ai valori della Costituzione, per rifarmi a quello che ti dicevo prima. Non mi pare poco. E poi qui ho ritrovato quella creatività che ho forgiato fin da adolescente al bar la Botteghina e arricchito studiando, ci mancherebbe, ma senza la Botteghina, sarei stato un’altra persona. Sicuramente avrei riso meno”.
Ora veniamo al sodo, alle iniziative in programma, a partire dalla cena di sabato 6 agosto in ricordo di Alessandro Della Croce, il Topino, che cucinava per tutti in molti altri pranzi e cene in occasioni come il 25 aprile e il 1° maggio. Era uno dei cuochi di Molina mon amour, il più conosciuto. Mi è rimasto in bocca il sapore di qualche suo piatto. Il gruppo cucina è un punto forte dell’associazione e riprende dopo due anni di sosta dovuta alla pandemia.
“Ale, il Topino è un pezzo di tutti noi. Io lo conosco da sempre. Amava dire che, quando sono nato in corte della Plava, lui era fuori ad aspettarmi. Quando ho pensato al progetto non poteva non esserci. Il primo pranzo dell’associazione l’abbiamo praticamente organizzato io e lui, ma subito tutti ci sono venuti dietro. Ho ricordi degli acquisti al supermercato, mi redarguiva come un babbo severo. Lo ricordiamo con una grande cena alla quale speriamo possano partecipare decine e decine di persone. Abbiamo anche fatto un bellissimo manifesto. Il titolo della serata di sabato 6 agosto è il programma stesso dell’evento: La cena per ritrovarsi”.
C’è una certa attesa e si prevede una folta partecipazione per l’incontro “Mi salvi chi può”, con Fabio Cignoni e Paolo Malacarne (giovedì 30 giugno). Qui si parla di professionalità di chi assiste, medici e operatori sanitari, di relazione e di empatia con chi viene assistito, i pazienti. Diversi giorni fa sono andato a un incontro pubblico con Ilaria Capua, una persona, una professoressa, una scienziata che seguo da quando è iniziata la pandemia. Mi ha colpito molto quando ha detto che la generazione dei nostri figli, quella tra venti e i trenta anni, sarà l’ultima ad avere un’aspettativa di vita come la nostra, chi viene dopo avrà un’aspettativa di vita minore.
“Diciamo la verità, questa iniziativa è per affermare che la sanità o è pubblica o non è e che tutti, nessuno escluso, devono essere curati. Il libro di Cignoni è il viatico per ragionarne con Paolo Malacarne, un mito nel suo lavoro e un caro amico che stimo molto”.
Scorriamo altri appuntamenti del programma: la piccola ma bella mostra di pittura di Albero Martini al Magazzino di Antonio; lo spettacolo “Dante va alla guerra” di Marco Azzurrini (6 luglio); la presentazione con gli autori del volume Indigeni e piovuti (15 luglio), dove si parlerà fra le altre cose, dei Buzzigoli e della maestra Miranda e del sindaco Vincoletti; la brava Daniela Bertini con Alfonsina Strada (29 luglio), mi colpisce la serata di musica in piazza (11 giugno).
“Mi piace sottolineare che la serata di sabato 11 giugno Discoteca in piazza è un esperimento a cui teniamo molto. Così come ricordo con piacere la serata d’apertura del programma al Magazzino di Antonio col concerto di Carlo Boccacci, ottimo musicista e anima insostituibile di Molina mon amour, presentato da Simone il Brenda e dedicato a Dalla, che ha avuto un successo oltre le aspettative”.
Si chiude in bellezza con Elisabetta Salvatori alla Pieve di Pugnano. Un’amica di Molina mon amour, un appuntamento da non perdere con una che sa raccontare.
“Chiudiamo in bellezza come due anni fa. Il rapporto col parroco don Joy è ottimo. Con lui collaboriamo con piacere. Utilizzare lo spazio davanti la pieve romanica di Pugnano è un privilegio. Lo definirei un luogo dell’anima. Poi la Salvatori ci mette il valore aggiunto della narrazione e noi l’eccellenza del cibo e oplà ci siamo! Possiamo cominciare a pensare, insieme alla prenotazione dell’abbonamento allo stadio per il grande Pisa, anche alla stagione culturale dell’autunno inverno”. Oh, e poi come dice bene un vecchio detto del paese: vedremo!
“Ciao Gabri”. Metto in moto la vespa e mentre parto lui mi dice:
“Con quella vespa ci feci un ruzzolone, quando eri militare, poi l’aggiustai grazie al Topino”.
Mi giro, lo guardo da dietro la visiera del casco e sorrido al vecchio compagno. E penso a quanto sia bello che, per la nostra generazione, quella parola ha significato molto più di amico. Poi, da molinese d’origine, avrei potuto dirgli dei miei luoghi preferiti del paese e chiedergli dei suoi. E anche un po’ di lessico molinese. Della gincana in vespa e della tombola in Piazza di sopra. Dei profumi che uscivano dai vecchi forni in questo giorno di festa. Però mi piace l’idea di una chiacchierata con un amico che non è finita.
odellac giugno 2022
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