… Aspetta lasciami ricordare, dice Gilberto Vento… era il ’43, no il ’44, vorrei raccontartelo, ma è troppo lontano… aspetta, a poco a poco ricordo… Era l’estate del ’44. Gli americani arrivarono il 1° settembre, man mano che avanzavano, i nazisti si incattivivano ancora di più e ne combinavano di tutti i colori… era estate… giugno, forse luglio, avevo cinque anni neanche compiuti, portavo i pantaloncini corti… faceva un caldo schifoso a San Giuliano… ero dai miei nonni, sentii le voci tedesche sulla piazza… cercavano gli uomini… ecco la voce tedesca venire alla casa dei miei nonni… erano due soldati nazisti con due cani grandissimi, naturalmente erano due pastori tedeschi, ma io me li ricordo grandi… poi quei cani me li sono sognati quattro o cinque volte nella vita e sono sempre stati enormi… e in quel sogno avevo i brividi… avevo paura dei cani ed ero sul punto di dirglielo…
Nel frattempo tuo nonno Ovidio, tuo padre, Giampiero, Giulianino del Busoni, un poliziotto con una gamba ferita che stava perinsù e quello che lavorava nelle Terme, che lo chiamavano Zara, e un altro paio di uomini… non ricordo quanti… corsero in cucina di casa tua, staccarono dal muro la moscaiola, si infilarono dentro, si rimpiattarono nella stanza cieca… quella dove ora c’è il bagno di casa tua. Era stata preparata prima per nascondere i renitenti alla leva, avevano murato la porta d’ingresso e avevano anche imbiancato la parete, e quella stanzina era sparita dietro la parete imbiancata. Quando qualcuno spostava la moscaiola di cucina, io a volte ci entravo per andarci a giocare. La tua casa è rimasta quasi uguale, i pavimenti, le stesse porte, anche i mobili, ma nella stanza dove ora c’è il bagno c’era la camera segreta con la porta murata, i materassi per terra e dove i nonni avevano rimpiattato tutte le cose preziose di casa… Lo sai cosa è una moscaiola? È una piattaia e la Neva la rimise a posto, prese una sedia e ce la mise davanti, ci salì, la agganciò al muro e aggiustò i ciottoli.
“Aprire, aprire”, gridarono le voci tedesche.
I due soldati salirono le scale ed entrarono in casa. Mia nonna Ediva era un donnone grosso, ma svenne subito. Non so se lo fece apposta o svenne sul serio. Sarà stata la tensione nervosa, in fondo in quei giorni li aspettavano da un momento all’altro.
“Per piacere, è malata”, disse la Neva.
Intanto i due grossi cani mi fiutano, mi strofinano il muso sul corpo…
I due soldati vennero avanti, uno mi offrì una caramella.
“Dove essere uomini?”, disse la voce tedesca.
Sapevo dove erano rimpiattati, ma ero stato addestrato a non dire niente.
“No”, risposi.
Nel frattempo la Neva si mise a sedere sulla sedia davanti alla moscaiola.
I cani zampettarono verso la cucina, fiutavano a muso basso l’odore degli uomini, si fermarono davanti alla Neva… e i due soldati tedeschi dietro…
Sai cosa fece la Neva? Li guardò negli occhi, allargò le gambe e sorrise. I cani fiutavano tra le sue gambe… I due soldati tedeschi si misero a ridere, tirarono il collare del cane e andarono via.
odellac dicembre 2020
2 Comments
Grazie Gilberto, per aver voluto condividere questo ricordo d’infanzia…
Sondra
Quante belle storie tra i nostri ricordi!