Il Carnevale di Venezia è il carnevale dell’ambiguità, della languida atmosfera di decadenza, è un carnevale che deve molto del suo fascino al contenitore. Le maschere sono su un palcoscenico, si esibiscono immedesimandosi nel loro ruolo, il ruolo che scelgono di interpretare. L’apparenza sembra trasformarsi in realtà, lo spettacolo diventa quasi teatrale e va oltre la palese falsità di tanti altri carnevali.
Quello però che più colpisce è l’alone di diffusa malinconia, quasi una nebbia impalpabile che avvolge tutto lasciando però intravedere le persone e gli oggetti. È una malinconia struggente che si insinua e segue le maschere nel loro silenziono e misurato incedere, che cattura e affascina senza coinvolgere ma anche senza trasformarsi in tristezza.
C’è il fascino del confine tra realtà visibile e realtà evocata. C’è la pacatezza di una città antica, forse anche vecchia, che attrae più del chiassoso corso mascherato, dell’assembramento festaiolo. È una coinvolgente esperienza di menzogna. Anche se qualcuno ogni tanto tenta di stravolgere questa atmosfera dando vita ad un fuori luogo.
massimocec febbraio 2013
Leave a reply