Festeggiamo e consoliamo
Cos’altro noi facciamo?
Festeggiamo la vita
consoliamo la morte
o magari al contrario
così finché viviamo.
Patrizia Cavalli
I funerali del prof. Piermario Casetta si sono svolti lunedì 29 aprile 2019 alle 15:30 alla chiesa di San Pietro Somaldi. La celebrazione delle esequie è stata accompagnata dalle letture dei suoi studenti e dai canti del coro della Scuola Carducci e alla fine della messa Piermario è stato ricordato dalla sorella, dai suoi alunni, dalla professoressa Barbara Giuliattini e dal Dirigente Scolastico Gabriella Nanini.
Pensando a Piermario
Quando mi è arrivato un messaggio sul telefonino da una collega in cui c’era scritto: chiamami, ti devo dire una cosa molto triste, ho pensato che la cosa più triste che potesse dirmi era: è morto il Casetta. Subito dopo ho pensato: è impossibile, chissà cosa sarà successo. L’ho chiamata e mi ha detto: è morto il Casetta.
A scuola lo chiamavamo tutti così: il Casetta. Appena si presentava un problema era tutto un domandarci: hai visto il Casetta? Sì perché lui era così. Piermario prima di tutto era una persona responsabile e generosa. E fino all’ultimo è stato così, difficile trovare un collega altrettanto disponibile con tutti. C’era sempre qualcosa che doveva fare: controllare un computer, installare un programma, dipingere un muro, attaccare le lavagnette o le cartine geografiche, correre in segreteria, collaborare a un progetto, curare insieme ai ragazzi gli orti della scuola.
Ogni giorno dava tutto se stesso, senza risparmio, penso che lo facesse per amore degli altri. Nel suo orario non c’era un buco, purtroppo mai. L’ultima volta che l’ho visto è stato prima di Pasqua a scuola, volevo regalargli una bottiglia di vino, ma era così impegnato in aula di informatica per le prove Invalsi che non ha trovato il tempo, in tutta la mattinata, di uscire dall’aula e prenderla, nemmeno all’intervallo. Mi ha detto: scusa, c’è un problema al computer, non posso uscire, se no i ragazzi rimangono indietro. La bottiglia di vino gliela lasciai in portineria. Subito dopo arriva un messaggino: grazie 1000, mille scritto in cifre, scusa per stamani, ma… Anche io ho una piccola sorpresa… vieni a Mulina tra un paio di settimane a pranzo?
I ragazzi gli volevano bene. Tutti noi gli volevamo bene. Era una colonna della “Carducci”, la più bella colonna della scuola. Se per caso mi sente ora che scrivo queste cose di lui, arrossisce in volto come un ragazzino per l’imbarazzo e la timidezza. Era un uomo semplice: preferiva farli i complimenti piuttosto che riceverli.
Di Piermario mi rimane difficile parlarne solo come collega. Era anche un amico. L’ho trovato tardi, ma era come se avessimo giocato insieme fin da piccoli. Ci siamo fidati l’uno dell’altro a prima vista. Lo ricordo alle gite scolastiche: nella sua amata Maremma dove aveva insegnato i primi anni, mi viene in mente Pitigliano, quando cominciammo a conoscerci meglio, e poi il viaggio di istruzione in Francia in visita ai Castelli della Loira. Finimmo in un hotel in cui le camere davano su una scala esterna e per questo era difficile controllare i ragazzi di notte. Non stette mai fermo, io a un certo punto sentii il bisogno di riposare un po’, la signora che gestiva l’hotel ci fece una tisana calda, era aprile erano le due di notte e faceva freddo. Scherzammo sulla tisana, perché ci sarebbe piaciuto bere un bicchiere di vino francese, ma la bevemmo per scaldarci un po’. Gli dissi: cosa mai ci sarà stato in questa tisana! Sorrise, io crollai dopo l’ultimo sorso, lui continuò imperterrito i suoi giri notturni sulle scale esterne insieme alla collega di francese. La mattina presto venne a bussarmi alla porta della camera per svegliarmi, lui che aveva quasi dieci anni meno di me fece come avrebbe fatto un fratello maggiore, era il terzo giorno di gita e avevamo una visita guidata al castello di Blois. Facemmo amicizia con gli autisti del pullman, uno di loro ci offrì un po’ di formaggio fatto da lui, ci siamo sempre promessi di andarlo a trovare a casa sua in Garfagnana per prenderne un po’. Abbiamo rimandato un paio di volte e non abbiamo fatto in tempo.
Di lui, che era il nostro animatore digitale e correva sempre di qua e di là, ho trovato soltanto un fermo immagine in rete in apertura di un articolo che parla del malore che lo ha colto vicino casa sua, a Mulina di Stazzema, nel pomeriggio di venerdì 26 aprile. Ho solo alcune fotografie che gli scattai due anni fa. Tre in gita in Francia, una a Sant’Anna di Stazzema. Quel giorno a Sant’Anna avevamo raggiunto la chiesetta a piedi, attraverso il bosco, per il sentiero che percorrevano gli sfollati. Ogni tanto ci fermavamo a leggere alcuni brani di un libro che ricordava quella tragica mattina dell’agosto del ’44. Allora lì, davanti al piazzale dove era avvenuto l’eccidio, riuscii a prenderlo in un istante in cui qualcuno fuori scena legge una cronaca della strage, mentre Piermario china leggermente il capo in segno di rispetto e socchiude gli occhi per concentrarsi. Gli ho voluto bene anche per questi suoi gesti da persona educata e modesta.
Piermario aveva tante passioni e sapeva fare un sacco di cose. Con poche lire aveva comprato un rudere a Mulina di Stazzema e l’aveva ristrutturato quasi tutto con le sue mani, era diventato il suo altrove. Stava dietro all’orto scolastico e a quello personale con antica sapienza. Sapeva anche cucinare bene. Le olive in salamoia fatte da lui sono le più buone che abbia mai assaggiato in vita mia. Un giorno andai a trovarlo con Susanna nel suo rifugio a Mulina, lui era con un amico, ci preparò una carbonara e la scamerita alla brace che non avevo mai mangiato. Bevemmo un po’ di vino buono, dopo facemmo una camminata sulle Apuane sopra casa sua, ci guidò in un percorso minerario, ci fece vedere le carbonaie e spiegò come veniva fatto il carbone.
A volte ci messaggiavamo abbreviando i nostri nomi. Lui: ov. se non ti vedo un barattolo di olive nuove ti aspetta in sala docenti. E io: grazie pier. Era l’unico a chiamarmi con questo diminutivo ov. Per Natale però gli mandai questo messaggio, con i nomi interi: Piermario, tu non sei un semplice e bravo collega, sei un fratello. Un abbraccio.
A gennaio fu costretto a letto per una brutta bronchite, gli dissi che non ce lo vedevo a letto uno come lui. Gli mandai una foto del mio matrimonio e lui rispose: anche se malato brinderò con voi con rinnovata gioia. A febbraio gli capitò la sventura di cadere accidentalmente da una scala a pioli da un metro e mezzo perché un piolo si era rotto mentre lavorava nella sua casa di Mulina di Stazzema, la dottoressa al Pronto Soccorso aveva scritto sul verbale: trauma cranico. E lui: comunque sto bene, solo dolore alla schiena. E io: colpa del piolo, per fortuna stai bene e non sei crepato, altrimenti la Carducci avrebbe perso una colonna di enorme valore. E lui: grazie 1000 ov. Era buffo quel suo modo di scrivere messaggini col mille scritto in numero.
Da quando sono in pensione ci vedevamo meno spesso, ma in questi mesi non ci siamo mai persi di vista. Non occorre uscire sempre insieme per essere amici. Sapere che uno solare come lui era in questo mondo, da qualche parte ma c’era, era un pensiero che mi rendeva felice e rendeva questa terra più bella e umana. Chi ha avuto la fortuna di conoscerlo sa chi abbiamo perso. L’ultimo messaggino che mi ha inviato era la foto di una bottiglia di morellino di scansano con questa frase: pensando a te. Era il 12 aprile. Ci manca moltissimo, oggi siamo in lutto e condividiamo il dolore. Penso sia giusto pensare a Piermario con l’emozione di aver avuto accanto un collega e un amico importante e ricordarlo per la vitalità che aveva. Alla moglie Paolo, al figlio Mattia, alla sorella, al fratello e ai familiari le nostre condoglianze più sincere. A Pier, che ha fatto tutto per tutti e merita di riposare in pace, va un ringraziamento affettuoso e un saluto e commosso. Infine, copio il tuo ultimo messaggio e te lo inoltro a nome di tutti: pensando a te.
Ovidio Della Croce maggio 2019
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