Biografia della Beppa
Giuseppa Petri, detta Beppa, per le nipoti Gipa (1904-1984), ha sempre vissuto a Patrignone, paesino del Comune di San Giuliano Terme (Pisa), bagnato dal fiume Serchio, dove ha imparato a nuotare con uno stile tutto personale. Amante dell’aria aperta e degli animali, ha sempre avuto uno o più gatti in casa. Religiosa a modo suo, per tutta la vita si è mantenuta devota a Sant’Antonio da Padova ed ha seguito con curiosità le parole di papa Wojtyla. Da quando ha cominciato a vedere la televisione, sono nati i suoi due più famosi miti, Grace e Jackie.
È stata un’appassionata di proverbi, il suo preferito era: “se a tutti piacesse un fiore, povera pianta”.
La Beppa si chiamava Giuseppa Petri.
Il racconto risale a un episodio avvenuto nel 79 o nei primi anni 80. Beppa è morta nel 1984.
Antonella e Susanna
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“Ti ricordi della Beppa, eh?”, disse Anna Maria seduta su un vecchio sofà ben restaurato.
Rimasi immobile, come ipnotizzato da un ricordo netto, istantaneo.
“Te la ricordi mia suocera?”, ribadì per richiamare la mia attenzione.
“Scusi, stavo guardando quell’arazzo appeso proprio sopra di lei. Che cosa raffigura?”.
Anna Maria rispose in modo veloce, così come parla sempre lei. E mi raccontò che l’arazzo l’aveva avuto da sua sorella che stava per buttarlo via, mentre a lei piaceva moltissimo. “Mi garba quel cavaliere di Santo Stefano, mi garba proprio”. Disse poi che non l’aveva rammendato, anche se era brava a cucire e che aveva preferito appenderlo su uno sfondo di velluto rosso antico e proteggerlo con il vetro. “Poi l’ho valorizzato con una bella cornice dorata”, disse ancora. Anna Maria continuò a parlare di altri oggetti di un certo pregio della sua famiglia, mentre io ripensavo alla Beppa. E a quel sabato sera. Era, dunque, mi pare il Settantatré, il quattro agosto, il giorno lo ricordo bene, la festa di compleanno di sua nipote Antonella. Eravamo a Molina di Quosa. Avevo parcheggiato le mia Renault in Piazza di Sopra, davanti alla Casa del Popolo. Dopo un rapido sguardo alla bottega di Buino, che faceva il calzolaio nella sezione paesana del Pci, mi ero incamminato sulla via dei vecchi Molini. Alla prima curva mi fermai davanti al cancellino della casa, suonai e fui accolto da Antonella. Poi mi vennero incontro sua madre Anna Maria e sua sorella Susanna. Nel giardino, sotto la palma, c’erano gli amici di Antonella, che erano anche i miei amici. La Beppa, sua nonna, si occupava dei gatti. C’era un mucchio di gatti in quella casa. Nonostante che tritassero pillole anticoncezionali nel mangiare dei gatti, la casa ne era invasa.
A tavola sedetti accanto alla Beppa, perché era sempre allegra e riusciva a trasmettere il suo buon umore. Bastava una piccola battuta perché la Beppa ridesse a crepapelle. Rideva così forte da restare senza respiro e faceva vedere tutta la sua bocca sdentata. Una buona cena a base di pomodori e di altre verdure cucinate con estro e fantasia, tutta roba dell’orto. Una bella serata tra amici che scorreva lieve, mentre la Beppa partecipava con le sue risate e faceva le faccende. Prendeva i piatti e raccoglieva gli avanzi di cibo. Poi guardò sotto il tavolo e miagolò: “Micio, micio”. Con la forchetta accompagnò tutti gli avanzi sui miei piedi, centrando le nappe dei miei mocassini color cuoio nuovi di zecca. Abbassai lo sguardo credendo di trovare un gatto che scodinzolava e vidi le mie scarpe imbrattate e unte. Detti alla Beppa un’occhiataccia e dissi: “Non sono i baffi di un gatto, sono le nappine della mie scarpe”.
Quell’allegra confusione che c’era a cena si trasformò in un trambusto buffissimo di risate. La Beppa si spanciava più di tutti e mi impolverò le scarpe di borotalco. Poi uscimmo vocianti in giardino e ci sedemmo sotto le lunghe braccia ondeggianti della palma.
“Te la ricordi la Beppa?”, mi raggiunse di nuovo la voce di Anna Maria.
Allora, con un sorriso di rimpianto, risposi: “Come no. Ho ancora quelle scarpe con le nappine di cuoio”.
“Eh la Beppa! Come è passato il tempo”, disse Anna Maria.
“Veloce, ecco come è passato il tempo”, dissi con il sapore acuto del fresco notturno di quel giardino con la palma invaso dai gatti.
Odellac dicembre 2018
Comment
Bellissimo,della Beppa ricordo i pomeriggi in cui mi faceva ripetere a ” mente”le poesie x le elementari e la storia di” Tamo’ che lei cantava a me e a tutti quelli che volevano ascoltarla. Ora direbbe “be mi tempi”!!!