Mamma, un giorno mi chiederai: “Dove eri il quattro marzo duemiladiciotto, giorno delle elezioni politiche generali e regionali”? Ero a casa tua, solo soletto. Mi ero svegliato abbastanza presto. Mi ero fatto la barba e avevo bevuto un caffè. Fuori spuntava il sole e la neve si scioglieva. Mi ero ricordato del tuo spirito antifascista, che era di tutta la nostra famiglia. Mi aveva tirato così su di morale che stavo per uscire con una sciarpa rossa e votare a sinistra, anche molto a sinistra, per battere il nemico. Ma quando presi la tessera elettorale vidi che era piena di timbri: diciotto timbri su diciotto spazi, mentre la tua, mamma, si era fermata a tredici timbri, purtroppo. L’ultimo voto dato insieme fu al referendum nel 2011, un bel sì all’acqua pubblica. Che bella giornata, che delusione poi. Abbiamo sempre dato gli stessi voti da quando sono diventato maggiorenne, ma il nemico non l’abbiamo ancora battuto. E il quattro marzo non sapevo chi votare.
Non trovai neanche una sciarpa rossa, né rosso antico come quella di Fellini. Lasciai perdere, presi una sciarpa qualsiasi e andai in Comune per ritirare la nuova tessera elettorale. Fuori faceva un po’ freddino, arrivai lesto all’Ufficio elettorale, mostrai la vecchia tessera e chiesi gentilmente alla segretaria se potevo tenerla, a testimonianza della mia costante partecipazione e perché era firmata dal mio amico Gabriele Santoni quando era Sindaco. Mi rispose di no. Pensai di essere stato un po’ scemo, avrei dovuto dirle che l’avevo persa. Aprii la nuova tessera con gli “spazi della certificazione del voto” tutti vuoti e mi prese una sorta di spaesamento.
A casa poi lessi i giornali, mi misi a scorrere al computer i programmi e le biografie di alcuni candidati alla Camera e al Senato e piano piano il morale calava e lo spaesamento cresceva. Cominciai a correggere alcuni compiti di italiano (i soliti temi di terza media, un po’ corti, ma scorrevano benino), nel solito posto dove, cinquant’anni fa, studiavo e svolgevo i miei temi. Frequentavo il “Dini” mentre a Pisa, nel ’68, infuriava la lotta e gli studenti più grandi di me spesso venivano davanti ai cancelli del mio liceo a distribuirci volantini. C’era un’universitaria, era una normalista, faceva il suo lavoro militante, aveva i capelli lunghi sulle spalle, una bella parlantina con un accento del nord, era una ragazza libera, bella e spigliata. Mi affascinava e intimoriva. Io ero impacciato, uno studente imberbe e curioso, ancora spettatore stralunato dell’anno degli studenti che in tutto il mondo erano in rivolta contro l’autoritarismo. Mamma, quella ragazza era valtellinese. Poi in Valtellina ci sono andato anch’io e ci ho vinto il concorso per diventare insegnante. Ti ricordi? Arrivai primo, ebbi il mio piccolo momento di gloria, in valle mi chiamavano “il toscano”, furono momenti felici.
Dicevo, mamma, che ero tornato solo soletto e un po’ raffreddato in casa tua. Avevo la tessera elettorale con diciotto spazi e nessun timbro. Esitavo ad andare al seggio numero 1 di via Martin Luther King, insediato presso le scuole elementari frequentate da tua nipote Laura, per il primo timbro. Non sapevo cosa votare. Avevo un blocco causato dal modo sgangherato in cui la parte politica per la quale abbiamo sempre votato si presentava alle elezioni. Misi la celebre canzone di Dalla sul quattro marzo come colonna sonora di questa mia incertezza. “E stringendomi al petto che sapeva, sapeva di mare…” pensai a te, che sei volata in cielo due settimane fa. Gesù bambino, aiutaci tu. Aspettai Laura per andare insieme alla sua vecchia scuola a votare, magari lei aveva le idee più chiare di me. Ma no, a votare quella volta ci andai da solo e, dopo averci pensato molto, lì per lì, dentro la cabina, con la scheda e la matita in mano… per chi votare? Pd, Liberi e uguali, Potere al popolo… Ah, mamma, c’è anche il nuovo che avanza, si chiama MoVimento 5 Stelle, con la V in segno di vittoria. È un coso strano, prenderà tantissimi voti. Mamma, Dario Fo una volta ha detto ai 5 stelle: “Alla fine dell’ultima guerra mondiale ci fu una festa e c’era tanta gente piena di gioia, eravamo felici, c’era la certezza di rovesciare tutto, ma non ci siamo riusciti. Fatelo voi, per favore”. Mah!
Mamma, questa volta dimmelo tu dal cielo per chi votare.
Ecco dov’ero il quattro marzo 2018.
odellac luglio 2018
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